IL BLUF DEGLI AUMENTI CONTRATTUALI NEL PUBBLICO IMPIEGO
Con i rinnovi contrattuali dopo 8 anni di blocco, a marzo gli statali hanno ricevuto gli arretrati una tantum da 370 a 712 euro e gli aumenti nel cedolino per chi lavora nei ministeri o negli enti pubblici non economici. Per gli altri settori gli aumenti dovrebbero vedersi nelle buste paga di aprile.
Ma si tratta di “aumenti ad elastico”: vale a dire, come riporta il Sole24Ore, che dal 2019 i lavoratori (e solo quelli con gli stipendi più bassi) potrebbero perdere circa 30 euro in busta paga.
Cosa è successo? Prima delle elezioni il ministro della Pubblica Amministrazione, Marianna Madia, aveva annunciato incrementi medi fino a 85 euro mensili. Ma quella quota, si è scoperto poi, avrebbe garantito l’aumento solo ai ministeriali, che hanno buste paga mediamente più pesanti. Mentre per i restanti si tratterebbe di ritocchi “temporanei” attraverso il cosidetto “elemento perequativo”, ovvero degli aumenti a scadenza prevista il 31 dicembre 2018.
Di lì la decisione di ricorrere a incrementi temporanei. Destinati a sparire nel 2019, a meno che non si trovino le risorse per stabilizzarli.
Duro il commento dell’Unione sindacale di base, secondo cui questi aumenti sarebbero “una trappola” che non considera “l’indennità di buonuscita o di anzianità, del trattamento di fine rapporto, dell’indennità sostitutiva del preavviso, né dell’indennità in caso di decesso”. Questi aumenti, secondo USB, rappresentano “oltre a un’inaccettabile presa in giro, la più clamorosa negazione della certezza del salario e del valore dello stesso Ccnl”.