SEPARAZIONE CON ADDEBITO

Che succede se un dei partner commette ripetuti tradimenti a scapito del suo coniuge?

Il caso in esame richiede l’analisi dell’istituto della separazione. La separazione personale dei coniugi è una situazione temporanea che non scioglie il vincolo matrimoniale, ma comporta una sospensione dei doveri reciproci dei coniugi stessi, ad eccezione di quelli di assistenza e di reciproco rispetto: essa può essere giudiziale o consensuale, ma non può prescindere dall’intervento del giudice.

In caso di disaccordo il giudice interviene con una sentenza che si impone alla volontà delle parti, in caso di accordo con un decreto che omologa e rende quindi esecutivo l’accordo.

La separazione personale tra i coniugi deve essere pronunciata ogni volta che sia accertata la sussistenza di fatti obiettivi che rendano intollerabili la prosecuzione della convivenza o siano di pregiudizio per la prole.

La pronunzia di addebito costituisce un accessorio della separazione, ma deve essere richiesta da uno dei coniugi, non potendo il giudice accertarla di ufficio. Essa postula non soltanto il riscontro di un comportamento contrario ai doveri nascenti dal matrimonio, ma anche l’accertamento che a tale comportamento sia casualmente ricollegabile la situazione di intollerabilità della prosecuzione della convivenza: pertanto il giudice deve analizzare i comportamenti di ciascuno dei coniugi, per verificare se il comportamento dell’uno non possa trovare piena giustificazione nelle provocazioni insite in quello dell’altro.

In altre parole è necessario verificare l’effettiva incidenza delle relative violazioni nel determinarsi della situazione di intollerabilità della convivenza, perché deve riscontrarsi, ai fini dell’addebito, un rapporto di causalità diretta tra il comportamento e l’improseguibilità della convivenza; ne consegue che il giudice può ritenere ininfluente un determinato comportamento, se accerta in modo rigoroso e puntuale il carattere meramente formale della convivenza.

A tal fine è peraltro irrilevante l’eventuale tolleranza di un coniuge rispetto alla violazione di tali doveri da parte dell’altro, vertendosi in materia in cui i diritti e doveri sono indisponibili. In ogni caso il giudice non è esonerato dall’esaminare anche la condotta dell’altro coniuge, non potendo un comportamento essere giudicato senza uno raffronto con quello dell’altro coniuge.

L’addebito della separazione ad un coniuge comporta rilevanti conseguenze dal punto di vista patrimoniale, infatti, il coniuge, cui non sia addebitabile la separazione, ai sensi dell’articolo 156 del codice civile, ha diritto di ricevere dall’altro coniuge un assegno di mantenimento quando non sia in grado di mantenere il tenore di vita che aveva durante il matrimonio, mentre il coniuge cui la separazione è addebitabile ha diritto solo agli alimenti.

Ebbene mentre il mantenimento consiste nella prestazione di tutto quanto risulti necessario alla conservazione del tenore di vita corrispondente alla posizione economico-sociale dei coniugi, gli alimenti presuppongo uno stato di totale assenza dei mezzi di sostentamento.

Come detto la separazione non comporta il venir meno degli obblighi derivanti dal matrimonio che vengono posti semplicemente in uno stato di quiescenza: pertanto l’art. 154 c.c. statuisce che la riconciliazione tra i coniugi comporta l’abbandono della domanda di separazione personale già proposta.

La valutazione, circa l’idoneità della ripresa della coabitazione dopo la separazione, a dimostrare il raggiungimento di una stabile e consapevole riconciliazione tra i coniugi deve essere eseguita di volta in volta, tenendo conto delle modalità con cui tale evento si è realizzato. Esso implica il completo ripristino della convivenza coniugale mediante la ripresa dei rapporti che caratterizzano il vincolo matrimoniale e che sono cosittuiti dalla comunione spirituale e della comunione materiale.

Pertanto quando detti rapporti siano avvenuti sporadicamente non possono da soli valere come riconciliazione ben potendo taluni comportamenti ricollegarsi ad una maniera civile di intendere il rapporto con l’altro coniuge in costanza di separazione.



INFEDELTA’ CONIUGALE E ADDEBITO DELLA SEPARAZIONE

In tema di separazione personale tra coniugi, il giudice non può fondare la pronuncia di addebito sulla mera inosservanza dei doveri di cui all’art. 143 cod. civ., dovendo, per converso, verificare l’effettiva incidenza delle relative violazioni nel determinarsi della situazione di intollerabilità della convivenza. In particolare l’inosservanza dell’obbligo di fedeltà può essere causa (anche esclusiva) dell’addebito della separazione sol quando risulti accertato che, a tale violazione, sia, in fatto, riconducibile la crisi dell’unione, mentre il comportamento infedele, se successivo al verificarsi di una situazione d’intollerabilità della convivenza, non è di per sé solo, rilevante e non può, conseguentemente, giustificare una pronuncia di addebito della separazione quando non sia qualificabile come causa concorrente della rottura del rapporto.

La reiterata violazione, in assenza di una consolidata separazione di fatto, dell’obbligo di fedeltà coniugale, particolarmente se attuata attraverso una stabile relazione extraconiugale, rappresenta una violazione particolarmente grave dell’obbligo della fedeltà coniugale, che, determinando normalmente l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza, deve ritenersi di norma causa della separazione personale dei coniugi e quindi circostanza sufficiente a giustificare l’addebito della separazione al coniuge che ne è responsabile, sempre ché non si constati la mancanza di nesso causale tra infedeltà e crisi coniugale, mediante un accertamento rigoroso e una valutazione complessiva del comportamento di entrambi i coniugi, da cui risulti la preesistenza di una crisi già irrimediabilmente in atto in un contesto caratterizzato da una convivenza meramente formale.

Né ad escludere la rilevanza della infedeltà è ammissibile la qualificazione della stessa quale reazione a comportamenti dell’altro coniuge, non essendo possibile una compensazione delle responsabilità nei rapporti familiari e potendo invece essere addebitata la separazione a entrambi i coniugi, ove sussistano le relative domande.

In tema di separazione personale dei coniugi, l’indagine sulla intollerabilità della convivenza e sulla addebitabilità della separazione stessa istituzionalmente riservata al giudice del merito ed incensurabile in Cassazione, se sorretta da congrua motivazione, non può basarsi sull’esame di singoli episodi di frattura, ma deve derivare dalla valutazione globale dei reciproci comportamenti, quali emergono dal processo; ne consegue che la violazione del dovere di fedeltà può non giustificare, da sola, la pronuncia di separazione con addebito al coniuge adultero qualora la rottura dei rapporti coniugali sia stata determinata indipendentemente dalla successiva violazione dei doveri di fedeltà da parte di uno dei due coniugi.

La violazione, da parte di uno dei coniugi, del dovere di fedeltà, unita all’assenza di interesse sessuale nei confronti dell’altro coniuge, non legittima di per sé, automaticamente, la pronuncia di seprazione con addebito della stessa al coniuge infedele, dovendo invece, il giudice accertare l’esistenza di un nesso causale tra quella condotta, costituente nella violazione dei doveri coniugali, e la rottura dell’armonia coniugale, così rendendo intollerabile la prosecuzione della convivenza. E’ irrilevante, in un tale contesto, al fine di ritenere la responsabilità del coniuge che è venuto meno ai suoi doveri, che l’altro, nonostante i continui tradimenti lo continui ad amare e ad essergli affezionato (Cass. n. 7920/1996 e n. 10648/1997)


Abbandono della Casa Coniugale

L’abbandono della casa coniugale familiare, che di per sè costituisce violazione di un obbligo matrimoniale e, conseguentemente, causa di addebito della separazione in quanto porta all’impossibilità della convivenza, non concreta tale violazione se si provi – e l’onere incombe a chi ha posto in essere l’abbandono – che esso è stato determinato da una giusta causa.

Punto sulla questione

La separazione personale dei coniugi è una situazione temporanea che non scioglie il vincolo matrimoniale, ma comporta una sospensione dei doveri reciproci dei coniugi stessi, ad eccezione di quelli di assistenza e di reciproco rispetto.

Essa, abbiamo detto, può essere giudiziale o consensuale e deve essere pronunciata dal giudice ogni volta che sia accertata la sussistenza di fatti obiettivi che rendano intollerabile la prosecuzione della convivenza o siano di pregiudizio per la prole.

Uno dei coniugi può chiedere che la separazione sia addebitata all’altro, ma deve dimostrare che la situazione di intollerabilità della prosecuzione della convivenza sia stata determinata dal comportamento dell’altro coniuge.

La riconciliazione tra i coniugi fa venir meno gli effetti della separazione.

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Daniele Giammarelli

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