RESPONSABILITÀ DEL CONDUCENTE – SICUREZZA IN AUTO – CINTURE DI SICUREZZA

CINTURE DI SICUREZZA E RESPONSABILITÀ DEL CONDUCENTE

 La nostra utente nel quesito giuridico sottoposto alla nostra attenzione scrive che: viaggiava, in ora notturna e durante un forte temporale, a bordo dell’autovettura di del mio Amico e da lui guidata, senza allacciare la cintura di sicurezza. Ad un tratto, a causa dell’alta velocità, la vettura esce di strada e mi trovo sbalzata fuori dell’abitacolo, urtando violentemente l’asfalto e subendo lesioni gravissime con danni alla colonna vertebrale. Dopo un periodo di cure e dopo aver subito diversi interventi chirurgici e seguito terapie riabilitative— con esborso economico di rilevantissima entità — senza peraltro ottenere risultati significativi, rimasta paraplegica, la nostra utente, avendo intenzione di intraprendere nei confronti del suo Amico un’azione legale per conseguire il risarcimento dei danni (patrimoniali, biologici e morali) riportati a causa dell’incidente, ci consulta prima di andare effettivamente da un avvocato al fine di ricevere informazioni in ordine alla eventuale incidenza, sulla futura decisione del giudice, della inosservanza, da parte sua, dell’obbligo di indossare la cintura di sicurezza.

 

 L’incessante crescita dei sinistri stradali, spesso causati dall’eccessiva velocità e dall’omesso utilizzo dei prescritti sistemi di protezione, ha reso necessario il ricorso a misure repressive. A ciò si aggiunga la diffusa incapacità di osservare regole elementari di civile convivenza, circostanza che ha spesso imposto l’adozione di deterrenti, volti a cercare di creare una «cultura stradale.

Di qui il susseguirsi di provvedimenti normativi, culminati con la recente introduzione della cosiddetta patente a punti, provvedimenti ispirati al desiderio ed alla necessità di porre fine a decessi tanto assurdi quanto evitabili con il solo uso del casco o della cintura di sicurezza.

Una volta chiarita la ratio legis, si pone quindi la questione se la sanzione amministrativa prevista esclusivamente a carico del trasgressore, escluda la responsabilità di chi con la sua condotta omissiva abbia contribuito ad immettere in circolazione un veicolo in stato di insicurezza.

In merito, dunque, al quesito relativo alla eventuale incidenza, sulla responsabilità dei conducente relativamente all’incidente stradale occorsogli, dell’inosservanza da parte del trasportato dell’obbligo di indossare la cintura di sicurezza, occorre preliminarmente analizzare il quadro normativo esistente al riguardo.

L’art. 172 cod. stradale (D.Lgs. 30-4-1992, n. 283) sancisce, infatti, l’obbligo del passeggero trasportato di tenere allacciata la cintura di sicurezza durante la marcia dell’autoveicolo. Orbene, sotto il profilo dell’illecito amministrativo, non vi è dubbio che il destinatario della norma, che impone l’obbligo della cintura, sia il soggetto che detta cintura deve indossare e quindi, in caso di soggetto trasportato, destinatario del dovere suddetto sia lo stesso trasportato, che — ove non adempia, è l’unico esposto alla sanzione.

Ne consegue che l’omesso uso delle cinture di sicurezza, da parte di persona che abbia subìto lesioni (di qualsiasi entità) in conseguenza di un sinistro stradale, costituisce un comportamento colposo del soggetto danneggiato nella causazione del danno, rilevante ai sensi dell’art. 1227, comma 1, c.c. («Concorso del fatto colposo del creditore») e legittima altresì la riduzione del risarcimento, laddove si alleghi e dimostri che il corretto utilizzo dei sistemi di ritenzione avrebbe ridotto, se non addirittura completamente eliminato, il danno.

Tuttavia il problema che si pone nella fattispecie oggetto di esame, è ben più articolato e complesso: infatti, è necessario chiarire se, una volta accertata l’incidenza causale nell’evento dannoso del mancato uso delle cinture di sicurezza da parte del trasportato, un’incidenza nella verificazione dell’evento causale possa essere ascritta, oltre ovviamente che al trasportato (inquanto trasgressore — come già detto — della norma di circolazione che impone l’uso delle cinture di sicurezza), anche al comportamento del conducente.

La soluzione, ovviamente, presuppone la preliminare individuazione dell’efficacia e della portata del cosiddetto trasporto di cortesia o trasporto amichevole, nell’ambito del quale deve sicuramente essere ascritta la fattispecie in esame.

Com’è noto, con la locuzione «cortesia» viene individuata tutta una serie di ipotesi, il più delle volte originate da un preesistente legame affettivo, caratterizzate da un disinteresse assoluto.

Sotto un profilo squisitamente normativo, il codice civile, a differenza del codice della navigazione, nulla prevede con riferimento al trasporto di cortesia (ossia a quello attuato, al di fuori di qualsiasi impegno contrattuale, a favore dell’autostoppista, del conoscente o di un parente, etc.), che viene distinto da quello gratuito, utilizzando, in prevalenza, il criterio dell’interesse giuridicamente rilevante del vettore ad eseguire il trasporto, la cui presenza depone per un trasporto (contrattuale) gratuito e la cui mancanza per un trasporto di cortesia.

Peraltro, la mancata presenza di sottesi interessi ha portato a dubitare della stessa configurabilità di un’ipotesi contrattuale, riconducendo lo schema all’interno di relazioni metagiuridiche, prive come tali di giuridicità ex art. 1322 del codice civile.

Tali considerazioni hanno portato una serie di questioni, specie in presenza di danni subiti dal trasportato a titolo di cortesia, data l’inapplicabilità del terzo comma dell’art. 1681 c.c. Escluso il ricorso all’art. 1218 c.c., vista la natura del vincolo, l’attenzione si è concentrata sull’art. 2054 c.c. che, nel regolamentare la responsabilità da circolazione di veicoli, secondo parte della dottrina, pone una presunzione di responsabilità senza distinguere tra terzi estranei o meno al veicolo. La prevalente giurisprudenza, tuttavia, da tempo ha disatteso siffatto indirizzo, riportando la fattispecie nell’alveo dell’art. 2043 c.c., con conseguente onere probatorio a carico del passeggero.

In particolare, si è messo in rilievo, per un verso, che la disposizione si rivolge a soggetti diversi da quelli presenti nell’abitacolo e, per un altro, che il terzo concorre in ogni caso all’utilizzo del mezzo.

Peraltro, non sono mancate pronunce di segno op’ posto, tese ad ammettere l’applicazione della norma nei confronti di tutti coloro i quali ricevano danni dalla circolazione, dato il carattere generale della disposizione. Invero, salvo sporadiche ed isolate sentenze, resta maggioritario l’orientamento secondo il quale nel caso di scontro, il danneggiato debba provare ex art. 2043 c.c. la colpa dei conducente, potendo solo nei confronti dell’altro guidatore beneficiare della presunzione di colpa. L’inapplicabilità dell’ara 2054 c.c. è confortata dallo stesse giudice delle leggi, il quale, più di una volta, ha evidenziato che la diversa situazione di fatto in cui versano i terzi estranei rispetto ai trasportati giustifica un differente trattamento giuridico.

Dando per acquisite le premesse sin qui delineate, è ravvisabile sulla questione precedentemente posta, un recentissimo arresto giurisprudenziale della Suprema Corte di Cassazione la quale ha statuito un importante principio di civiltà giuridica che apre nuovi orizzonti alla possibilità per il trasportato di farsi risarcire i danni derivati dall’incidente subito, nonostante non abbia rispettato spettato l’obbligo di allacciarsi la cintura di sicurezza durante la marcia dell’autoveicolo.

Il problema più rilevante che si era posto in passato riguardava l’indubbio concorso di colpa del passeggere trasportato che, con il suo comportamento negligente, aveva infranto il citato art. 172. cod. strad.

Infatti, codesto articolo, come già detto, sancisce l’obbligo del passeggero trasportato di tenere allacciata la cintura sicurezza durante la marcia dell’autoveicolo. Tale comportamento colposo, senza dubbio, si poneva come causalmente rilevante nella produzione del danno specificamente subìto dal trasportato a seguito dell’incidente. È facile dimostrare (attraverso consulenza tecnica d’ufficio) che il danno subito nella fattispecie in esame, sarebbe stato ridotto, o addirittura evitato, se il passeggero avesse ottemperato all’obbligo di allacciare la cintura di sicurezza. Tuttavia, la tesi recentissima della Cassazione si basa su un iter logico-argomentativo ineccepibile. Infatti, la Corte di Cassazione sgombera, in via preliminare, il campo dall’equivoco che si possa estendere la responsabilità per illecito amministrativo del trasportato al conducente.

Quindi, è assolutamente inconfutabile che la norma che tipizza l’illecito amministrativo ha come unico destinatario il passeggero trasportato, inosservante dell’obbligo di indossare la cintura di sicurezza.

Di conseguenza, è chiaro che la questione ruota tutta intorno alla possibilità di configurare una responsabilità aquiliana ex art. 2043 c.c. nel comportamento del conducente.

Orbene, nella configurazione codicistica dell’illecito extracontrattuale, l’art. 2043 c.c. si pone come una sorta di «norma in bianco» capace di comprendere nel concetto di illecito aquiliano qualsiasi comportamento, tanto commissivo quanto omissivo, che abbia contribuito eziologicamente alla produzione del danno purché sia presente nello stesso l’elemento psicologico del dolo o della colpa. La costruzione dell’illecito aquiliano come illecito atipico consente di sanzionare una qualsiasi condotta produttiva di un danno ingiusto che deve perciò stesso essere risarcito. La colpa che connota psicologicamente il comportamento del danneggiante può essere una colpa specifica e, quindi, integrante la violazione di determinate leggi o regolamenti, oppure può caratterizzarsi come colpa generica, consistente semplicemente nella violazione di quei criteri di diligenza, prudenza o perizia che sono a presidio della prescrizione del neminem laedere.


In questi termini di prudenza e diligenza (quale emerge anche dall’art. 1176 c.c.) il conducente di un autoveicolo non può porre o tenere in circolazione lo stesso, se si è reso conto che qualcuno dei trasportati non si conforma alle regole stabilite dalla normativa sulla circolazione stradale, Infatti, «è vero che egli può non essere il destinatario della norma (come nella fattispecie dell’obbligo per il trasportato di indossare la cintura di sicurezza), ma egli rimane pur sempre colui che rende possibile la circolazione del veicolo con a bordo il trasportato e quindi, sotto un profilo di normale diligenza, ha l’obbligo di far effettuare detta circolazione in sicurezza e nel rispetto delle norme» (Cass. 11-3-2004, n. 4993). Dunque, se la circolazione dell’autoveicolo avviene in con osservato l’obbligo di allacciare la cintura di sicurezza durante la marcia dell’autoveicolo) e ciò dipende non solo dalla negligenza e superficialità del soggetto trasportato, ma anche dal comportamento colposamente permissivo del conducente, è evidente che, in tal caso, si forma una sorta di consenso reciproco alla circolazione dell’autovettura in condizioni di insicurezza con consapevole partecipazione di ciascuno alla condotta colposa dell’altro ed accettazione dei relativi rischi.

La Corte di Cassazione l’ha definita come un’ipotesi di «cooperazione nel fatto colposo», vale a dire cooperazione nell’azione produttiva dell’evento dannoso, da non confondere con l’ipotesi in cui distinti fatti colposi convergano in maniera indipendente ed autonoma nella determinazione dell’evento dannoso.

Per utilizzare la terminologia del diritto penale, si può dire che nella fattispecie in esame siamo di fronte ad una sorta di «concorso colposo» nella produzione dello specifico danno subìto dal passeggero trasportato.

Infatti, alla colpa dello stesso di non indossare la cintura di sicurezza si è aggiunto il comportamento altrettanto colposo del conducente che ha permesso che la circolazione dell’autoveicolo avvenisse in condizioni di pericolo per lo stesso soggetto trasportato. Così facendo, il soggetto trasportato ha manifestato la sua volontà di concorrere alla realizzazione della condotta del passeggero trasportato contraria alle regole cautelaci sancite dal Codice della Strada e causativa dell’evento lesivo.

Tale condotta fonda la responsabilità del conducente dell’autovettura, che perciò è tenuto a risarcire, secondo la normativa generale risultante dal combinato disposto degli artt. 2043, 2056. e 1227 c.c., il pregiudizio all’integrità fisica che il passeggero trasportato abbia subito a causa dell’incidente, tenuto conto che il comportamento dello stesso trasportato, in relazione alla suindicata cooperazione, non può valere ad interrompere il nesso causale tra la condotta del conducente e l’evento lesivo, né tantomeno può integrare un valido consenso alla lesione ricevuta, dal momento che si verte in materia di diritti indisponibili.

In definitiva, l’orientamento giurisprudenziale riportato indica quale deve essere il corretto comportamento del conducente dell’autoveicolo se vuole vedersi diminuito l’ammontare del risarcimento del danno subìto, a seguito dell’incidente, dal passeggero trasportato colpevole di non aver indossato la cintura di sicurezza.

Dunque, sono proprio le regole della comune diligenza e prudenza, soprattutto in chiave di previsione di eventuali incidenti stradali, a maggior ragione quando le circostanze spazio temporali sono particolarmente sfavorevoli, ad imporre al conducente la necessità di esigere dal soggetto trasportato che indossi la cintura di sicurezza, soprattutto di fronte ad un suo diniego, di rifiutarne il trasporto o di sospendere la marcia dell’autoveicolo.

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 In pratica

In tema di risarcimento dei danni derivanti dallo scontro di veicoli, qualora la messa in circolazione di uno dei due mezzi, in condizioni di insicurezza (nella specie, mancanza dei dispositivi di segnalazione luminosa), sia ricollegabile all’azione od omissione (trascuratezza di manutenzione) non soltanto del suo conducente, ma anche degli altri occupanti, nel senso che tra costoro si sia formato il consenso alla circolazione medesima con consapevole partecipazione di ciascuno alla condotta colposa dell’altro ed accettazione dei relativi rischi, si verifica un’ipotesi di cooperazione nel fatto colposo, cioè di cooperazione nell’azione produttiva dell’evento (diversa da quella in cui distinti fatti colposi convergano autonomamente nella produzione dell’evento). In tale situazione, a parte la responsabilità verso i terzi, secondo la disciplina dell’art. 2054 c.c., deve ritenersi risarcibile, a carico del conducente del suddetto veicolo e secondo la normativa generale dell’art. 2043 c.c., anche il pregiudizio all’integrità fisica che uno degli occupanti abbia subìto in conseguenza dell’incidente, tenuto conto che il comportamento dello stesso, nell’ambito dell’indicata cooperazione, non può valere ad interrompere il nesso causale tra la condotta degli altri ed il danno, né ad integrare un valido consenso alla lesione ricevuta, vertendosi in materia di diritti indisponibili (Cass. 20 -3-1982, n. 1816).

Nell’ampio concetto di circolazione stradale, ai sensi e per gli effetti dell’art. 2054 c.c., deve ritenersi compresa anche la situazione di arresto o di sosta di un veicolo su strada od area pubblica di pertinenza della stessa, ancorché al posto di guida non vi sia una persona che abbia l’effettiva disponibilità dei congegni meccanici atti a determinare il movimento, ‘atteso che comunque il conducente deve, finché il mezzo si trova nella strada, porre in essere tutti gli accorgimenti necessari ad evitare danni a terzi, segnatamente quando si allontani lasciando il veicolo in sosta (art. 115 cod. strad.) (Cass. 24-7-1987, n. 6445).

Il conducente di un veicolo essendo tenuto, in base alle regole della comune diligenza e prudenza, ad esigere che il passeggero indossi la cintura di sicurezza, risponde ex art. 2043 c.c. per il pregiudizio all’integrità fisica che il trasportato abbia subìto in conseguenza all’incidente (Cass. 11-3-2004, n. 4993).

 

 Punto sulla questione

L’articolo 172 cod. strad. (D.Lgs. 30-4-1992, n. 285), sancisce l’obbligo del passeggero trasportato di tenere allacciata la cintura di sicurezza durante la marcia dell’autoveicolo.

  • È necessario chiarire se, una volta accertata l’incidenza causale nell’evento dannoso del mancato uso delle cinture di sicurezza da parte del trasportato, un’incidenza nella verificazione del evento causale possa essere ascritta, oltre ovviamente che al trasportato (in quanto trasgressore della norma di circolazione che impone l’uso delle cinture di sicurezza), anche al comportamento del conducente.
  • Il trasporto di cortesia (ossia quello attuato, al di fuori di qualsiasi impegno contrattuale, a favore dell’autostoppista, del conoscente o di un parente, etc.), viene distinto da quello gratuito, utilizzando, in prevalenza, il criterio dell’interesse giuridicamente rilevante del vettore ad eseguire il trasporto, la cui presenza depone per un trasporto (contrattuale) gratuito e la cui mancanza per un trasporto di cortesia.
  • È assolutamente inconfutabile che la norma che tipizza l’illecito amministrativo ha come unico destinatario il passeggero trasportato, inosservante dell’obbligo di indossare la cintura di sicurezza. Di conseguenza, è chiaro che la questione ruota tutta intorno alla possibilità di configurare una responsabilità aquiliana ex art. 2043 c.c. nel comportamento del conducente.

L’art. 2043 c.c. si pone come una sorta di norma in bianco capace di comprendere nel concetto di illecito aquiliano qualsiasi comportamento, tanto commissivo quanto omissivo, che abbia contribuito eziologicamente alla produzione del danno purché sia presente nello stesso l’elemento psicologico del dolo o della colpa.

Se la circolazione dell’autoveicolo avviene in condizioni di in sicurezza (perché il passeggero trasportato non ha osservato l’obbligo di allacciare la cintura di sicurezza durante la marcia dell’autoveicolo) e ciò dipende non solo dalla negligenza e superficialità del soggetto trasportato, ma anche dal comportamento colposamente permissivo del conducente, è evidente che, in tal caso, si forma una sorta di consenso reciproco alla circolazione dell’ autovettura in condizioni di insicurezza con consapevole partecipazione di ciascuno alla condotta colposa dell’altro ed accettazione dei relativi rischi. La responsabilità del conducente dell’autovettura, che perciò è tenuto a risarcire, secondo la normativa generale risultante dal combinato disposto degli arti. 2043, 2056 e 1227 c.c., il pregiudizio all’integrità fisica che il passeggero trasportato abbia subito a causa dell’incidente, tenuto conto che il comportamento dello stesso trasportato, in relazione alla suindicata cooperazione, non può valere ad interrompere il nesso causale tra la condotta del conducente e l’evento lesivo, né tantomeno può integrare un valido consenso alla lesione ricevuta, dal momento che si verte in materia di diritti indisponibili.

CONSULENZA GIURIDICA

Ad un’attenta analisi, nell’ipotesi esaminata, alla luce dei più recenti e rigorosi interventi giurisprudenziali in materia di sicurezza stradale, si può riscontrare un particolare aggravamento della posizione di garanzia di Sempronio, conducente dell’autoveicolo e, quindi, della sua responsabilità. Infatti, la portata della colpa ascrivibile al conducente è ravvisabile anche per non aver previsto adeguatamente le conseguenze derivate a seguito dell’altrui imprudenza.

È sicuramente un’imprudenza quella commessa dal passeggero trasportato che non indossa la cintura di sicurezza, per giunta in condizioni di tempo assolutamente sfavorevoli (di notte, durante un temporale!). Ciò comporta che l’autoveicolo è già posto in strada in condizioni di insicurezza.

Non solo, ma la responsabilità del conducente sarebbe ravvisabile ulteriormente nella sua particolare posizione e condizione di guidatore che dovrebbe prevedere e quindi evitare le conseguenze negative dell’altrui imprudenza.

Infatti, un’adeguata previsione delle stesse avrebbe comportato la necessità di bloccare la marcia dell’autoveicolo oppure di rifiutare il trasporto del soggetto imprudente.

Perciò, la responsabilità di Sempronio, in tal caso, prescinde dalla destinatarietà specifica dell’obbligo sancito dall’art. 172 del Codice della Strada (a carico esclusivamente del soggetto trasportato) e si fonda unicamente sulla mancata osservanza di quelle regole di comune diligenza e prudenza che lo stesso è tenuto a rispettare in quanto soggetto che pone in circolazione l’autovettura ed è tenuto a farlo in condizioni di assoluta sicurezza e rispetto della normativa stradale.

Si può dunque addivenire alla conclusione che la responsabilità del conducente concorre con quella del soggetto trasportato quando lo stesso con il suo comportamento colposo cagioni danno a sé stesso, salvo ovviamente verificare la specifica incidenza del concorso di colpa nella determinazione dell’evento lesivo alla luce della regola sancita dall’art. 1227, comma 1, c.c.

Quindi, la responsabilità di Sempronio, per non aver imposto alla nostra utente, l’uso della cintura di sicurezza ovvero per non aver bloccato la marcia dell’autoveicolo dinanzi al rifiuto della stessa di allacciarsi la cintura, riduce considerevolmente la portata del concorso di colpa del trasportato, con la conseguenza che ii risarcimento dei danni subìti dal passeggero a causa dell’incidente verrà certamente ridotto a seguito del concorso di colpa in conformità a quanto stabilito dall’art. 1227, comma 1, c.c., ma si tratterà di una riduzione parziale dal momento che a tale concorso di colpa ha cooperato colposamente lo stesso comportamento del conducente.

In definitiva, alla luce delle suesposte argomentazioni, la nostra utente, può intentare l’azione giudiziale di risarcimento dei danni subìti a causa dell’incidente occorsogli e casualmente imputabile al conducente (che guidava l’autovettura ad alta velocità nonostante le pessime condizioni temporali), nella consapevolezza che il concorso di colpa a lei ascrivibile, per non aver indossato la cintura di sicurezza durante la marcia dell’autoveicolo, perde rilievo ed efficacia causale (anche se non del tutto) nella -produzione dell’evento lesivo a causa del comportamento colpevole del conducente che ha accettato il rischio di porre in circolazione la propria autovettura in condizioni di insicurezza, e, quindi, si è assunto la responsabilità delle relative conseguenze negative.

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