Tra APE, INPS, e VESPE qui sembra solo una caccia alla mosca con la racchetta bucata.
Di certo c’è niente da dire. Di probabilità se ne sparano a più non posso.
Come in effetti il Governo annuncia che l’APE, l’Anticipo Pensionistico diventerà operativo tra breve, ossia già dal 2017, e sarà applicabile anche ai dipendenti pubblici.
La sorpresa per l’anno nuovo dove sta?
Tranquilli, un piccolo sacrificio sarà richiesto a chi vorrà andare in anticipo in pensione – si ..piccolo sacrificio .. – qualche CENTINAIA DI EURO IN MENO!
Però i vitalizi non si toccano. Mi raccomando. E le super pensioni? Neanche!
Che cos’è l’APE
E’ l’istituto giuridico che consentirà ai nati tra il 1951 e il 1954 di lasciare il proprio lavoro tre anni (3) prima di quanto previsto dalla Legge Fornero.
Come riportato nel Corriere della Sera, è annunciato sul programma Rai3 Presadiretta, l’APE avrà effetti su tutti i lavoratori , che siano dipendenti pubblici o privati.
Facciamo un piccolo esempio semplificativo: un’insegnante con 38 anni di contributi versati, attraverso l’APE potrà godere andare in pensione anticipata a settembre 2017 e, non più a nel 2020 come è con la legge Fornero, vale a dire tre anni prima della pensione di vecchiaia.
Ci prendono dalla gola: l’anticipo pensionistico sarà una libera scelta del contribuente, che è consapevole del taglio del 5% dell’assegno lordo pensionistico per ogni anno di anticipo.
LIQUIDAZIONE DIPENDENTI PUBBLICI
I dipendenti pubblici che lasceranno in anticipo il lavoro utilizzando la quota 100 rischiano di aspettare per la liquidazione del TFR anche fino a 8 anni.
Il decreto stabilisce infatti che la buona uscita agli statali viene pagata nel momento in cui maturano i requisiti previsti dalla legge Fornero, cioè una volta raggiunti i 67 anni di età.
Oggi il TFR e il TFS vengono liquidati solo fino a 50.000,00 euro, mentre se l’importo supera i 50 mila ma è inferiore a 100 mila, viene liquidato in due rate annuali.
Per i più fortunati, se l’importo supera i 100 mila euri, le rate annuali diventano tre.
In sintesi, se un dipendente pubblico lascia il lavoro a 62 anni di età ed ha versato 38 anni di contributi (come prevede la quota 100) ed ha maturato una liquidazione superiore a 100 mila euro, potrà avere la liquidazione intesa come intera cifra a 70 anni.