Part-time pubblico impiego: il part-time nella pubblica amministrazione

Trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale

Tanto per cambiare il quadro normativo del part-time nel pubblico impiego è abbastanza complesso.

In Italia si legifera molto e si risolve poco.

In primo luogo, troviamo l’articolo 1, comma 58, della legge 23 dicembre 1996 n. 662, come modificato dall’articolo 73 del decreto legge 25 giugno 2008 n. 112 – convertito in legge 6 agosto 2008 n. 133 – che detta le condizioni per la modifica del rapporto di lavoro, da full-time a part-time.

Va detto fin da subito che l’evoluzione normativa della materia, in questi ultimi anni, si è orientata nel senso di avvicinare sempre di più la disciplina del rapporto di lavoro pubblico a quello privato, liberando il datore di lavoro pubblico dalla passata compromissione dei propri poteri di organizzazione dell’attività lavorativa.

Paradossale ma vero, sono fermamente convinto che eguagliare il rapporto pubblico con il rapporto privato è il più grande errore riformista che i nostri politici, imperterriti, sordi e ciechi continuano a fare.

Tanto loro non sanno che significa essere dipendente pubblico. Loro godono solo di soldi pubblici.

L’integrazione tra pubblico e privato!

Paradossalmente l’integrazione non integrazione ha raggiunto un discreto risultato con l’emanazione della citata modifica al comma 58 dell’articolo 1 della legge 23 dicembre 1996 n. 662 ad opera dell’articolo 73 del decreto legge 25 giugno 2008 n. 112, nonché dalla entrata in vigore dell’articolo 16 della legge 4 novembre 2010 n. 183 (Collegato lavoro).

Due sono le modifiche sostanziali rispettivamente apportate dalle due citate disposizioni legislative al quadro normativo previgente: l’eliminazione di ogni automatismo nella trasformazione del rapporto di lavoro e l’introduzione, anche se a carattere transitorio,e già «scaduto» (si legga il servizio qui sotto) del potere della pubblica amministrazione datrice di lavoro di rivedere, ed eventualmente modificare unilateralmente, quelle trasformazioni avvenute prima dell’entrata in vigore del decreto legge n. 112 del 2008.

Entrambe le previsioni normative sono state introdotte, come anche confermato dalla circolare n. 9 del 30 giugno 2011 della presidenza del Consiglio dei ministri – dipartimento della Funzione pubblica – con il preciso intento di far fronte alle esigenze delle pubbliche amministrazioni di risparmio della spesa per il proprio personale, utilizzando al meglio le risorse presenti, nonché, appunto, nel quadro più generale di valorizzazione e potenziamento dei poteri datoriali del dirigente, secondo i criteri ispirativi delle recenti riforme del lavoro pubblico.

Part-time pubblico impiego: le condizioni

La trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale avviene nel rispetto di alcune precise condizioni. Secondo le disposizioni dell’articolo 1, comma 58, della legge 23 dicembre 1996 n. 662 – come modificato dall’articolo 73 del decreto legge 25 giugno 2008 n. 112 – la trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale può essere concessa dall’amministrazione datrice di lavoro entro 60 giorni dalla domanda effettuata dal dipendente.

L’introduzione del termine «può» sta evidentemente a significare che l’ente pubblico non è più obbligato a concedere la trasformazione del rapporto di lavoro, ma potrà utilizzare il proprio potere di valutazione discrezionale dell’istanza, con il venir meno, quindi, di qualsiasi automatismo di concessione anteriormente vigente.

Come previsto dall’articolo 1, comma 58, della legge 23 dicembre 1996 n. 662 nella sua nuova formulazione, la domanda potrà quindi essere accolta solo ove, in relazione alle mansioni e alla posizione organizzativa ricoperta dal dipendente, la trasformazione non rechi pregiudizio alla funzionalità dell’amministrazione stessa: in caso di esito negativo della domanda, tale pregiudizio non potrà però essere genericamente indicato ma, come previsto dalla circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della Funzione Pubblica – n. 9 del 30 giugno 2011, la motivazione dovrà essere puntuale e circostanziata, evidenziando, in concreto, le reali cause del diniego.

La trasformazione potrà anche essere negata nell’ipotesi in cui comporti – nel caso la domanda di part-time sia motivata dall’esigenza di effettuare un altro lavoro – un conflitto d’interessi tra l’attività lavorativa “esterna” e quella di servizio svolta per la pubblica amministrazione, nonché quando sia superato il limite percentuale di dotazione organica complessiva di personale a tempo pieno per ciascuna qualifica funzionale.

Part-time pubblico impiego: i criteri

Come anche stabilito dall’articolo 7, comma 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165, le pubbliche amministrazioni individuano i criteri di priorità nell’impiego flessibile del personale, sempre tenuto conto dell’organizzazione degli uffici e del lavoro, a favore dei dipendenti svantaggiati per motivi personali, sociali e familiari e impegnati in attività di volontariato.

In particolare, la legge prevede alcune fattispecie che determinano le priorità genericamente sopra descritte e, specificatamente, ci si riferisce all’articolo 12 bis del decreto legislativo 25 febbraio del 2000 n. 61.

Tale disposizione normativa introduce anche un’ipotesi di residua obbligatorietà di trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a parziale, ossia quando il lavoratore richiedente sia affetto da patologie oncologiche e per il quale residui una ridotta capacità lavorativa.

Quanto alle priorità, la norma citata la riconosce al dipendente il cui coniuge, figli o genitori siano affetti da patologie oncologiche, nonché a quello che assista una persona convivente con totale e permanente inabilità lavorativa, con connotazione di gravità ai sensi dell’articolo 3, comma 3, 104/1992, alla quale è stata riconosciuta una percentuale d’invalidità pari al cento per cento e che necessiti di assistenza continua in quanto non in grado di compiere gli atti quotidiani della vita.

La priorità spetta anche al lavoratore o lavoratrice con figlio convivente di età non superiore agli anni tredici o con figlio convivente che sia portatore di handicap ai sensi dell’articolo 3 comma 3 della legge 5 febbraio 1992 n. 104.

Copywriter
Massimo SANGUINI e Aldo CICCARELLA

Lascia un commento