Conclamato dalla Cassazione il Diritto del Dipendente Pubblico che assiste una persona disabile,https://dipendentipubblici.eu/assenze-per-malattia-terapie-e-permessi-legge-104/ ai sensi della L. n. 104/1992 (c.d. caregiver),al trasferimento in una sede più vicina al domicilio dell’assistito.
Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, sezione lavoro, nell’ordinanza n. 6150/2019 che praticamente dà la possibilità di scegliere di lavorare più vicino al familiare da assistere.
La Cassazione precisa che tale diritto va esercitato sia all’inizio che durante lo svolgimento del rapporto di lavoro e a seguito di domanda di trasferimento.
Dunque, il genitore o familiare lavoratore che svolga tale assistenza con continuità avrà diritto, ove possibile, di scegliere la sede di lavoro più vicina al domicilio dell’assistito, non solo all’inizio del rapporto di lavoro mediante la scelta della sede ove viene svolta l’attività lavorativa, ma anche nel corso del rapporto qualora tale esigenza sopravvenga.
La ratio della norma è infatti quella di favorire l’assistenza al parente o affine handicappato, ed è irrilevante, a tal fine, se tale esigenza sorga nel corso del rapporto o sia presente all’epoca dell’inizio del rapporto stesso.
Caregiver: il trasferimento alla sede più vicina all’assistito con legge 104/92 e successive modifiche ed integrazioni
Dal punto di vista letterale, la disposizione in esame non contiene un espresso e specifico riferimento alla scelta iniziale della sede di lavoro e risulta quindi applicabile anche alla scelta della sede di lavoro fatta nel corso del rapporto, attraverso la domanda di trasferimento.
Il diritto alla salute psico-fisica, comprensivo della assistenza e della socializzazione, va dunque garantito e tutelato, al soggetto con handicap in situazione di gravità, sia come singolo che in quanto facente parte di una formazione sociale.
Per formazione sociale si intende “ogni forma di comunità, semplice o complessa, idonea a consentire e favorire il libero sviluppo della persona nella vita di relazione, nel contesto di una valorizzazione del modello pluralistico”, ivi compresa appunto la comunità familiare (Corte Cost. n. 213 del 2016; n. 138 del 2010), ivi compresa appunto la comunità familiare).
Per quanto concerne invece la tematica, più volte proposta nei tribunali di lavoro, sulla posizione soggettiva del lavoratore qualificabile non come diritto soggettivo bensì come semplice interesse legittimo a scegliere la propria sede di servizio, ove possibile, le amministrazioni pubbliche non dovrebbero più mettersi contro il dipendente e rispettare quanto osservato dall’articolo 41 della Costituzione: sicché il lavoratore ha sempre diritto al trasferimento nei casi sopra spiegati.
In ogni caso nel caso in esame sia il requisito soggettivo, cioè la condizione di handicap grave e sia il requisito oggettivo della disponibilità di posti per lo svolgimento delle mansioni di recapito in uffici vicini alla residenza del predetto familiare devono sussistere.
Ma perché questo non vale per i dipendenti ospedalieri che sono pur sempre dipendenti pubblici vincitori di concorso pubblico? Anche se ospedali sono aziende facciamo parte del SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE e non aziendale!!!