ASSUNZIONE DELL’IDONEO AL CONCORSO BANDITO DALLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
L’utente X (nome di fantasia per rispetto della privacy) ci ha richiesto la seguente consulenza giuridica on line:
<<All’esito di un concorso pubblico per 50 posti di Funzionario amministrativo presso l’Agenzia delle Entrate, mi piazzai al 51 ° posto della graduatoria e venni dunque dichiarato idoneo all’assunzione. Tuttavia la medesima amministrazione, dopo 15 mesi dall’espletamento del concorso, ha deciso di bandire un nuovo concorso per 10 posti di Funzionario amministrativo (stessa area ed identica posizione economica rispetto al precedente bando), nelle more resisi vacanti. Ritengo leso il mio diritto all’assunzione nel termine di validità della graduatoria, che lo stesso bando fissava a 18 mesi, e pertanto sono a richiedervi una consulenza giuridica per la tutela dei miei interessi>>
IL FALLIMENTO DELLA PRIVATIZZAZIONE DEL PUBBLICO IMPIEGO
La questione richiede un inquadramento normativo della fattispecie alla luce della cd. privatizzazione del pubblico impiego, avviata dalla legge-delega 23 ottobre 1992, n. 421, sulla scia della diffusa consapevolezza della grave crisi strutturale della P.A. che non le non consentiva di perseguire gli obiettivi di efficienza (buon andamento), di produttività e di competitività con le altre amministrazioni dell’Unione Europea, sfuggendo peraltro ad un serio controllo della spesa.
Venne introdotto perciò il principio del primato del diritto civile e del contratto collettivo quali fonti dei rapporti di lavoro del settore pubblico, mantenendo soltanto in via d’eccezione la riserva di legge e la regolazione mediante provvedimenti amministrativi a garanzia di interessi pubblici individuati dalla Costituzione.
L’art. 97 Cost., infatti, prevede che all’impiego pubblico si accede attraverso il pubblico concorso in senso stretto, caratterizzato da un articolato procedimento amministrativo suddiviso in varie fasi (dalla pubblicazione del bando alla formazione della graduatoria e alla nomina dei vincitori, tutte minutamente disciplinate da apposito regolamento contenuto in un decreto del Presidente della Repubblica, 9-5-1994, n. 487), lasciando però alla legge la possibilità di prevedere più snelle procedure selettive. In un primo tempo la L. 421 del 1992 aveva rimesso alla legge e agli atti amministrativi «i procedimenti di selezione per l’accesso al lavoro e di avviamento al lavoro».
La normativa in esame, e l’art. 68 del D.Lgs. n. 29 del 1993, di attuazione della legge delega, demandavano dunque alla cognizione del giudice amministrativo tutta la materia relativa alla selezione del personale, e non le sole procedure concorsuali.
Il quadro normativo di riferimento muta con la cd. «seconda privatizzazione», avviata con la legge 15-3-1997, n. 59, cui viene data attuazione con il D.Lgs. 31-3-1998, n. 80, le cui norme sono sostanzialmente confluite nel D.Lgs. 30-3-2001, n. 165.
Recita il comma 1 dell’art. 63 del D.Lgs. 165/2001 (in cui è confluito l’art. 68 del D.Lgs. 29/93): «Sono devolute al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, ancorché vengano in questione atti amministrativi presupposti. Quando questi ultimi siano rilevanti ai fini della decisione, il giudice li disapplica, se illegittimi. L’impugnazione davanti al giudice amministrativo dell’atto amministrativo rilevante nella controversia non è causa di sospensione». Alla luce della riforma, dunque, la pubblica amministrazione, nella gestione dei rapporti di lavoro, ha perso la veste di «Pubblica Autorità» in posizione di supremazia speciale, assumendo quella di parte contrattuale, sia pur dotata della tipica autorità datoriale (argomentando ex Cass. sez. lav., 21-5-2004, n. 9747).
Ciò comporta, come evidenziato dalla migliore dottrina e con-fermato autorevolmente dalla Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite, che il rapporto di lavoro con le pubbliche amministrazioni è oggi fondato su base paritetica, cosicché ad esso è estranea ogni connotazione autoritativamente discrezionale e, quand’anche la lesione lamentata dal prestatore di lavoro derivasse dall’esercizio di poteri discrezionali della P.A. datrice di lavoro, la situazione soggettiva lesa dovrebbe qualificarsi come interesse legittimo di diritto privato, da riportare, quanto alla tutela giudiziaria, all’ampia categoria dei «diritti» di cui all’articolo 2907 c.c. (Cass. Sez. Un. 24-2-2000, n. 41).
L’unico criterio di riparto della giurisdizione operante resta quello della materia: il semplice vertere della controversia su un rapporto di lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione, rende tale controversia conoscibile e decidibile esclusivamente dal giudice ordinario in funzione di giudice del lavoro. Questo comporta la possibilità dell’adozione di sentenze anche costitutive, dalle quali discenda un eventuale obbligo di tacere per l’Amministrazione. Il comma 2 dell’art. 63 cit. infatti, stabilisce che: «Il giudice adotta nei confronti delle pubbliche amministrazioni, tutti i provvedimenti di accertamento, costitutivi o di condanna, richiesti dalla natura dei diritti tutelati.
Le sentenze con le quali riconosce il diritto all’assunzione, ovvero accerta che l’assunzione è avvenuta in violazione di norme sostanziali o procedurali, hanno anche effetto rispettivamente costitutivo o estintivo del rapporto di lavoro.» La norma in parola mira quindi ad esorcizzare il concreto rischio che la sentenza del giudice civile si limiti a semplici dichiarazioni di diritti ed obblighi, rinunciando a costituire, modificare o estinguere rapporti giuridici. Il giudice civile quindi pronuncerà,a seconda dei casi, sentenza meramente dichiarativa (accertamento positivo o negativo), sentenza costitutiva (ovvero modificativa o estintiva del rapporto), sentenza di condanna (a pagamento di somme, ma anche a consegnare o rilasciare, ovvero a fare o disfare).
La privatizzazione dei rapporti di lavoro alle dipendenze della P.A. ha inciso anche sul momento genetico del rapporto, in
quanto dalla costituzione tramite atto di nomina (provvedimento autoritativo della P.A.) si è passati alla costituzione del rapporto tramite stipula del contratto individuale di lavoro. Il problema si complica allorché il procedimento formativo della volontà della P.A. di stipulare il contratto passi attraverso lo svolgimento di una procedura concorsuale volta all’individuazione dei futuri contraenti. La norma sull’ambito della devoluzione al g.o. della giurisdizione in materia di rapporti di lavoro alle dipendenze della P.A. (art. 63, comma 1, D. Lgs. 165/2001, che menziona in particolare le controversie concernenti l’assunzione al lavoro), infatti, va coordinata con il comma 4 dell’art. 63 D. Lgs. 165/2001 per cui «restano devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie in materia di procedure concorsuali per l’assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni».
La disposizione di cui al comma 4 dell’art. 63 del D.Lgs. 30-3-2001, n. 165, che attribuisce alla giurisdizione del giudice amministrativo (come eccezione alla regola di cui al primo comma) le controversie in materia di procedure concorsuali per l’assunzione dei pubblici dipendenti, si riferisce al sistema di reclutamento basato su prove di concorso, caratterizzato da una fase di individuazione degli aspiranti forniti dei titoli generici di ammissione e da una successiva fase di svolgimento delle prove e di confronto delle capacità, diretta ad operare la selezione in modo obiettivo e dominata da una discrezionalità non solo tecnica, ma anche amministrativa nella valutazione dei candidati (Così Corte di Cassazione, Sezioni Unite Civili, Ordinanza del 22-7-2003 n. 11404), rispetto alla quale non possono che sussistere situazioni soggettive di interesse legittimo.
La ratio della riserva legislativa in favore del g.a. è ravvisabile nella maggiore idoneità del processo amministrativo, con il suo meccanismo di partecipazione di interessati e contro interessati e con la possibilità di annullare con efficacia erga omnes l’atto oggetto del giudizio e tutti quelli presupposti e conseguenti, a trattare questo tipo di contenzioso. I procedimenti di concorso per l’assunzione sono procedimenti amministrativi preordinati all’emanazione del provvedimento
finale (approvazione della graduatoria) mediante il quale si sceglie il soggetto privato con il quale stipulare il contratto di lavoro. Simili procedure iniziano con il bando, atto amministrativo generale che esprime, o anche soltanto attua, la decisione di coprire un certo numero di posti e detta la cd. lex specialis del con-corso; proseguono con le domande di partecipazione e l’espleta-mento delle procedure tecniche di selezione (generalmente ad opera di una commissione, organo straordinario dell’amministrazione) e si concludono con l’approvazione della graduatoria, che individua i soggetti da assumere.
Dal coordinamento tra le norme deriva che di fronte al giudice ordinario confluiscono tutte le controversie in tema di esercizio e di attuazione del «diritto all’assunzione», inteso quale situa-zione corrispondente ad obblighi legali o contrattuali di assunzione, mentre le controversie relative alla fattispecie costitutiva del diritto cadono sotto la giurisdizione (di legittimità) del giudice amministrativo ove tale fattispecie consista in una procedura concorsuale di selezione (si pensi al contenzioso sugli atti concorsuali quali le clausole del bando, le modalità di svolgimento della procedura, la valutazione dei titoli ecc.). La distinzione appare netta in linea di principio, dandosi rilievo all’approvazione e conseguente pubblicazione della graduatoria dei vincitori in funzione di discrimine tra le giurisdizioni (nel senso che fino a tale atto la giurisdizione appartiene al giudice amministrativo, mentre la fase successiva dell’assunzione viene demandata al giudice ordinario). Sulla scia di tale ricostruzione-si è riconosciuto un vero e proprio diritto all’assunzione in capo al vincitore del concorso. La giurisprudenza ordinaria appare infatti aperta alla più ampia tutela del vincitore del concorso, riconoscendo a quest’ultimo, all’esito dell’approvazione della graduatoria, un vero e proprio diritto soggettivo all’assunzione e quindi alla stipula del con-tratto di lavoro (Tribunale di Lecce, Sezione Lavoro – Ordinanza 8-11-2001; App. Bari 27-2-2001; Trib. Roma 3-1-2001; Trib. Gros-seto 14-11-2000).
La dottrina prevalente aderisce a tale orientamento, osservando che la discrezionalità della P.A., che determina una
situazione di interesse legittimo dell’aspirante dipendente, è da considerarsi ormai circoscritta all’attività procedimentalizzata del concorso, prodromica all’instaurazione del rapporto di lavoro e nella quale si svolge la valutazione comparativa fra i candidati. Per tale orientamento il bando di concorso, qualora contenga tutti gli elementi attraverso cui individuare il contenuto del futuro contratto di assunzione, costituisce un’offerta al pubblico ai sensi dell’art. 1336 c.c., da cui deriva, per coloro che sono utilmente collocati nella graduatoria, la conclusione del contratto di lavoro, in corrispondenza al numero dei posti banditi. La violazione da parte della P.A. del diritto all’assunzione sorto in capo al vincitore del concorso può portare ad una pronuncia giudiziale costitutiva del rapporto, secondo quanto previsto dal comma 2 dell’art. 63 del D.Lgs. 165/2001.
L’orientamento giurisprudenziale dominante esclude la possibilità per l’amministrazione di provvedere nuovamente ad una comparazione degli interessi al fine di valutare l’immanenza dell’interesse dell’amministrazione alla copertura del posto o la prevalenza dell’interesse alla non copertura sull’interesse privatisti-co coinvolto spettante al privato vincitore di concorso, atteso che tutte tali questioni avrebbero dovuto essere già: oggetto di ponderazione da parte dell’amministrazione in sede di formazione del bando e di espletamento delle procedure fino all’approvazione della graduatoria. Residua semmai il profilo controverso della cd. discrezionalità dell’amministrazione circa il quando, ossia il momento in cui procedere alle assunzioni una volta approvata la graduatoria.
Tuttavia, poiché tale valutazione non riguarda l’esercizio di poteri e di scelte pubblicistiche, ma solo l’esecuzione in buona fede e cori correttezza degli obblighi assunti, si è ritenuto che l’amministrazione non possa differire le assunzioni protraendo l’attesa dei vincitori oltre un tempo ragionevole. La questione oggetto del presente parere presenta la particolarità di non concernere un vincitore di concorso (ossia un soggetto collocato utilmente nella graduatoria finale nei limiti dei posti messi a concorso), ma un soggetto semplicemente dichiarato idoneo all’esito della procedura concorsuale (per aver supe
rato le relative prove), ma collocato in una posizione eccedente il numero dei posti messi a concorso. La tematica investe il problema della sussistenza o meno di un diritto al cd. «scorrimento della graduatoria», nelle ipotesi in cui, nel periodo di validità della stessa, si siano resi vacanti altri posti rispetto a quelli originariamente messi a concorso. Sul punto della giurisdizione, dopo iniziali oscillazioni, sembra potersi confermare l’attrazione nell’orbita della cognizione del g.o. In una recentissima ordinanza delle Sezioni Unite del 29 settembre 2003 n. 14529, infatti, la Suprema Corte ha ribadito che una volta che si sia esaurita la procedura di un concorso pubblico, si è ormai sul terreno degli atti di gestione e della capacità di diritto privato dell’Amministrazione pubblica, ai sensi dell’arti-colo 63, comma 2, del decreto legislativo 165/01, sicché le relati-ve controversie rientrano nella giurisdizione dell’A.G.0., ponendosi la decisione dell’Amministrazione di coprire un certo nu-mero di posti e di assumere i vincitori del concorso come fonte, per l’interessato, del suo diritto alla stipulazione del contratto di lavoro (nello stesso senso si erano poste le Sezioni Unite nelle pronunce nn. 2514/02; 2954/02; 6041/02; 9332/02).
In particolare, ha osservato la Corte, rientrano nella giurisdizione dell’Autorità giudiziaria ordinaria le controversie proposte dai soggetti che, dichiarati idonei all’esito della procedura concorsuale, pretendano di essere inclusi nel novero degli ulteriori chiamati alla stipulazione del contratto di lavoro (cd. «scorrimento della graduatoria»).
Tali soggetti, infatti, fanno valere il loro diritto all’assunzione e non pongono in discussione le procedure concorsuali, con la conseguenza che la domanda giudiziale a tal fine proposta è de-voluta trattandosi di rapporto di impiego assoggettato al regi-me contrattuale — alla giurisdizione del giudice ordinario, ai sensi dell’articolo 63, primo comma del decreto legislativo 165/ 01, restando, poi, questione di merito e non di giurisdizione quella concernente l’operatività anche nella procedura di scorrimento dell’intera disciplina dell’originario bando, ivi compresa quella concernente eventuali riserve di posti.
La Meritocrazia nel Pubblico Impiego
Quanto al merito delle pretese allo scorrimento, tuttavia, la Cassazione (Sez. Lav. sent. n. 3252 del 5-3-2003) ha annullato senza rinvio alcune decisioni di merito che avevano ritenuto di far derivare il diritto all’assunzione degli idonei non vincitori di concorso dalle norme che sanciscono la protrazione di validità delle graduatorie ai fini dell’assunzione in posti vacanti. Ha osservato la Suprema Corte che l’utilizzazione delle graduatorie anche oltre i termini e le modalità prefissate nella sin-gola procedura concorsuale, risponde a finalità ed esigenze che non sono correlate all’interesse del singolo (l’idoneo) alla copertura effettiva del posto, ma che rispondono all’interesse pubblico di procedere ad assunzioni, in relazione a vacanze sopravvenute di posti in organico che l’amministrazione decida di copri-re, avvalendosi della graduatoria di un precedente concorso, piuttosto che procedere all’avvio di un nuovo (costoso e lungo) pro-cedimento concorsuale.
In sostanza, per i giudici di legittimità, le numerose disposizioni normative che hanno sancito la conservazione dell’efficacia delle graduatorie di concorso per un certo tempo, a decorrere dalla data di pubblicazione della stessa (ora il termine portato a ventiquattro mesi dall’art. 20, c. 3 della legge 23-12-1999, n. 488), sono preordinate, in attuazione dei principi di economicità, efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa (art. 97 Cost; art. 1 L. 241/1990) ad offrire uno strumento che consenta di individuare immediatamente il soggetto da assumere, rispettando nel contempo la regola inderogabile della scelta del personale mediante concorso.
RISERVA DI POSTO – GRADUATORIA CONCORSI ESPLETATI
Sul giudice da adire, si veda la seguente statuizione delle Sezioni Unite: il candidato, il quale, in presenza di utilizzazione del sistema dello scorrimento della graduatoria, vantando, in essa, una determinata posizione già approvata ed il possesso di requisiti stabiliti dal bando di concorso per fruire di una riserva di posti, pretenda di essere incluso nel novero degli ulteriori chiamati alla stipulazione del contratto di lavoro, fa valere il proprio diritto all’assunzione e non pone in discussione le procedure concorsuali, con la conseguenza che la domanda giudiziale a tal fine proposta è devoluta trattandosi di rapporto di impiego assoggettato al regime contrattuale —alla giurisdizione del giudice ordinario, ai sensi dell’art. 63, primo comma, D.Lgs. n. 165 del 2001, restando, poi, questione di merito e non di giurisdizione quella concernente l’operatività anche nella procedura di scorrimento dell’intera disciplina dell’originario bando, ivi compresa quella concernente eventuali riserve di posti (Cass. civ., Sez. Un., 29-9-2003, n. 14529).
La giurisprudenza, in linea di principio, esclude la sussistenza di un diritto allo scorrimento della graduatoria. L’istituto dello scorrimento della graduatoria, presupponendo la decisione discrezionale dell’amministrazione di coprire il posto rimasto scoperto, non fonda il diritto del candidato idoneo di divenire vincitore.
L’istituto del cd. scorrimento della graduatoria consente a candidati semplicemente idonei di divenire vincitori effettivi precludendo l’apertura di nuovi concorsi.
Esso, peraltro, presuppone necessariamente una decisione dell’amministrazione di coprire il posto. Pertanto, salvo che — per specifica disposizione di legge o del bando — tra i posti messi a concorso originariamente debbano essere compresi anche quelli che si dovessero rendere vacanti entro una certa data, l’obbligo di servirsi della graduatoria entro il termine di efficacia della stessa preclude all’amministrazione di bandire una nuova procedura concorsuale ove decida di reclutare personale, ma non la obbliga all’assunzione dei candidati non vincitori in relazione a posti che si rendano vacanti e che l’amministrazione stessa non intenda coprire (Cass. civ., sez, lav., 5-3-2003, n. 3252).
Il Consiglio di Stato, rifacendosi a costante giurisprudenza, ha recentemente ribadito che: L’istituto dell’utilizzazione di una graduatoria per la copertura di posti resi-si successivamente vacanti (cioè dopo la chiusura delle operazioni concorsuali), è un istituto pur sempre eccezionale rispetto alla comune regola per cui i posti devono essere coperti previo apposito concorso — dai «vincitori» della procedura … il ricorso a tale utilizzazione non è obbligatorio per l’Amministrazione, ma puramente facoltativo e relativo all’esercizio della sua discrezionalità sull’attuazione dell’interesse pubblico realizzabile nella singola fattispecie (Seni. 30-10-2003, n. 6758).
Lo stesso Tar Lazio, con la sentenza n. 8097 del 26 agosto 2004, ha precisato che i concorrenti risultati vincitori nei pubblici concorsi non vertono in una posizione di diritto soggettivo all’assunzione, ma esclusivamente di interesse legittimo, tant’è che l’amministrazione può, in ogni momento, addirittura annullare, seppure motivatamente, la procedura e non addivenire, dunque all’assunzione. ▪ Gli idonei in un concorso pubblico non acquistano alcuna aspettati va tutelata in ordine alla facoltà dell’amministrazione di utilizzare la graduatoria per la copertura di eventuali vacanze di organico verificatesi nel triennio di validità della graduatoria medesima (Cass. 26-8-2004, n. 8097).
Punto sulla questione O L’istituto del cd. scorrimento della «graduatoria», che consente ai candidati semplicemente idonei di divenire vincitori effettivi, precludendo l’apertura di nuovi concorsi, presuppone necessariamente una decisione dell’amministrazione di coprire il posto, che equi-vale sostanzialmente a quella che avvia la procedura di concorso. Una decisione che assume certo a presupposto la vacanza di organi-co; ma che deve esprimere l’interesse concreto, ed attuale dell’Amministrazione di procedere alla sua copertura.
• La questione muta se, per specifica disposizione di legge o del bando, tra i posti messi a concorso originariamente debbano essere compresi anche quelli che si dovessero rendere vacanti entro una certa data, perché in tal caso l’obbligo di servirsi della graduatoria entro il termine di efficacia della stessa preclude all’amministrazione di bandire una nuova procedura concorsuale ove decida di reclutare personale, dovendo necessariamente procedere all’assunzione di coloro che siano stati dichiarati idonei all’esito della precedente procedura concorsuale, la cui graduatoria finale deve necessariamente essere oggetto di scorrimento.
È questo il caso affrontato dal Tribunale di Roma (ord. del 3 gennaio 2001), secondo il quale lo scorrimento di una graduatoria di concorso non è atto meramente discrezionale dell’Amministrazione, quando un precedente bando di concorso specifica che le graduatorie dei vincitori rimangono efficaci per un dato termine (nella specie diciotto mesi) dalla data della pubblicazione per eventuali coperture di posti che successivamente dovessero rendersi disponibili.
I Nostri Avvocati hanno espresso il loro motivato parere giuridico
Il quesito non specifica espressamente se il bando di concorso originario prevedeva l’obbligo della pubblica amministrazione di attingere dalla graduatoria redatta all’esito delle procedure concorsuali per la copertura di ulteriori posti resisi vacanti nei limiti di validità temporale della stessa.
Può tuttavia presumersi che un tale obbligo sia stato implicitamente previsto nel momento in cui il bando ha fissato il «termine di validità» della graduatoria in 18 mesi, con una previsione, dunque, che sarebbe stata ultronea rispetto ad una statuizione normativa di permanente efficacia della graduatoria per almeno 24 mesi (art. 20, c. 3 della legge 23-12-1999, n. 488).
Alla luce delle osservazioni che precedono, dunque, vi sono concrete possibilità di ottenere dal giudice ordinario, previo ri-conoscimento del diritto soggettivo all’assunzione, non solo una sentenza costitutiva del rapporto di lavoro alle dipendenze della P.A., ma anche il risarcimento del danno subito per la violazione del suddetto diritto all’assunzione (sorto a seguito della determinazione della pubblica amministrazione di procedere alla copertura degli ulteriori posti resisi vacanti dopo l’approvazione finale della graduatoria e nel corso del periodo di validità della stessa), a titolo di responsabilità non più extracontrattuale ma contrattuale, facendosi valere la violazione del rapporto obbligato-rio avente ad oggetto la stipulazione del contratto di lavoro, in-giustamente ritardata dalla pubblica amministrazione. In tale ottica, dunque, il risarcimento del danno potrà essere parametrato all’ammontare delle retribuzioni non percepite nel periodo di tempo in cui la pubblica amministrazione ha irragionevolmente ritardato (secondo il prudente apprezzamento del giudice di merito) l’assunzione di X pur dopo aver assunto la decisione di procedere alla copertura degli ulteriori posti resisi vacanti rispetto a quelli originariamente banditi ed oggetto delle procedure concorsuali espletate.