LA LIBERTÀ PERSONALE
La libertà personale costituisce il presupposto logico e giuridico di tutte le libertà riconosciute all’individuo dalla Costituzione. La libertà personale non è solo da intendersi come libertà fisica, ma anche come libertà morale, e quindi libertà non solo dalla coercizione fisica, ma anche da ogni forma di coazione della volontà, del pensiero e della psiche dell’individuo.
Il fondamento costituzionale della libertà personale dell’individuo, sia in senso fisico sia in senso morale, deve ravvisarsi nell’articolo 13 della Costituzione, il quale stabilisce, nel comma 1, che «la libertà personale è inviolabile» e nell’articolo 23 della Costituzione secondo il quale «nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge».
Il diritto alla libertà personale è un diritto inviolabile e, in quanto diritto della personalità, presenta i seguenti caratteri: è indisponibile da parte del titolare; è intrasferibile (sono nulle le convenzioni con cui un soggetto trasferisca ad altri il diritto alla sua libertà personale); è irrinunciabile (sono annullabili gli atti che costituiscono rinuncia a tale diritto); è imprescrittibile (il diritto non si estingue nonostante il mancato esercizio protratto per un determinato tempo); è tutelato nei confronti di tutti e quindi ha carattere assoluto.
L’articolo 13 della Costituzione, dopo aver dichiarato l’inviolabilità della libertà personale, afferma che «non è ammessa alcuna forma di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge».
In tale disposizione si possono individuare tre garanzie fondamentali: 1. la riserva di legge: al solo Parlamento è riservata la possibilità di adottare provvedimenti che limitano la libertà personale degli individui;
la riserva di giurisdizione: soltanto i giudici possono emanare in concreto provvedimenti restrittivi della libertà personale.
Ogni atto limitativo della libertà personale, quindi, non solo deve essere previsto dalla legge, ma deve essere autorizzato dal giudice competente;
l’obbligo della motivazione: ogni provvedimento restrittivo della libertà preso dai giudici deve essere motivato. Ciò significa che nessuno può essere limitato nelle proprie libertà senza conoscerne il motivo.
LA LIBERTÀ DI DOMICILIO
L’articolo 14 della Costituzione sancisce l’inviolabilità del domicilio. Nel sistema delle libertà fondamentali, la libertà di domicilio rappresenta una forma di espressione della libertà personale.
Il concetto di domicilio va inteso in un’ accezione molto ampia e ricomprende non solo l’abitazione, ma anche il luogo dove il soggetto svolge la propria attività lavorativa, la sua dimora occasionale o anche una camera d’albergo. ovvero ogni luogo dal quale si ha intenzione di escludere la presenza dei terzi.
La libertà di domicilio implica che non possono essere eseguite perquisizioni, ispezioni, sequestri se non nei modi stabiliti dalla legge secondo le garanzie prescritte.
LA LIBERTÀ E LA SEGRETEZZA DELLA CORRISPONDENZA
L’articolo 15 della Costituzione tutela la libertà e la segretezza dell’espressione e della comunicazione del pensiero, sancendo l’inviolabilità della libertà e della segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione, a garanzia della riservatezza contro abusive interferenze.
Tale corrispondenza deve ormai intendersi nel senso più ampio, ricomprendendo anche la moderna posta elettronica. In materia, la Costituzione ha previsto la riserva di giurisdizione, in quanto la sua limitazione può avvenire solo con un atto motivato dell’autorità giudiziaria e con le garanzie stabilite dalla legge.
LA LIBERTÀ DI CIRCOLAZIONE E DI SOGGIORNO
Il diritto alla libertà di circolazione e di soggiorno (la prima è presupposto della seconda) è sancito dall’articolo 16 della Costituzione, che afferma: «Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sicurezza o sanità». Subito dopo la norma precisa che «nessuna restrizione può essere determinata da ragioni politiche».
Dal contenuto di tale disposizione si evince la vigenza del principio della riserva di legge in materia di limitazioni alla libertà di circolazione e soggiorno: tale principio impedisce restrizioni stabilite sulla base di atti aventi natura diversa dalla legge statale (anche l’articolo 120 della Costituzione vieta alle Regioni 1′ adozione di provvedimenti che possano ostacolare la libera circolazione delle persone e delle cose tra le Regioni).
Tuttavia, si tratta di riserva di legge relativa (la legge si limita a fissare i principi, potendo gli atti amministrativi, nei limiti da essa posti, disciplinare i dettagli), in quanto limitazioni al diritto di libera circolazione e soggiorno possono essere poste anche da un’autorità amministrativa (Prefetto, Sindaco) solo, però, per motivi di sanità e di sicurezza (si pensi ad esempio ai provvedimenti che limitano parzialmente la circolazione degli autoveicoli nei centri abitati per motivi di sicurezza del traffico cittadino).
Il diritto garantito dall’articolo 16 della Costituzione si estrinseca in tre facoltà: libera circolazione sul territorio dello Stato; libertà di fissare ovunque la propria residenza (soggiorno); facoltà di uscire temporaneamente o definitivamente dallo Stato e di rientrarvi.
LA CONDIZIONE GIURIDICA DELLO STRANIERO
A) La disciplina dell’immigrazione La condizione giuridica dello straniero è regolata, anzitutto, dall’articolo 10 della Costituzione che prevede:
— la conformità della legge italiana alle norme e ai trattati internazionali;
— il diritto d’asilo nel territorio della Repubblica per lo straniero cui sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana;
— il divieto di estradizione dello straniero per reati politici.
Oltre al dettato costituzionale, sono previste disposizioni legislative specifiche per:
— i cittadini non appartenenti all’Unione europea, la cui normativa specifica è prevista dal D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286 (cd. Testo Unico sull’immigrazione) che prevede l’ingresso per motivi di turismo, studio, lavoro, cura, familiari, culto.
Allo straniero comunque presente alla frontiera o nel territorio dello Stato sono riconosciuti i diritti fondamentali della persona umana. Per lo straniero regolarmente soggiornante, invece, sono attribuiti anche i diritti in materia civile previsti per il cittadino italiano.
Possono soggiornare nel territorio dello Stato gli stranieri entrati regolarmente che siano muniti di carta di soggiorno o di permesso di soggiorno in corso di validità.
Il permesso di soggiorno deve essere richiesto al Questore della Provincia in cui lo straniero si trova entro otto giorni lavorativi dal suo ingresso.
Lo straniero in possesso, da almeno cinque anni, di un permesso di soggiorno che dimostra la disponibilità di un reddito sufficiente al sostentamento proprio e dei familiari nonché di un alloggio fornito dei requisiti di idoneità igienico sanitaria accertati dall’ASL, può chiedere al Questore il rilascio del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo.
Per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato, o qualora non presenti i requisiti previsti, lo straniero è sottoposto a espulsione, così come stabilito dagli articoli 1316 del Testo Unico. Il D.L. 27 luglio 2005, n. 144 conv. con modif. in L. 31 luglio 2005, n. 155 ha introdotto la possibilità di espellere gli stranieri che, per fondati motivi, possano in qualsiasi modo agevolare organizzazioni o attività terroristiche, anche internazionali.
Da ultimo, il D.L. 23 maggio 2008, n. 92 conv. con modif. in L. 24 luglio 2008, n. 125, ha previsto l’espulsione dello straniero dal territorio dello Stato quando questi sia condannato alla reclusione per un periodo superiore a due anni nonché quando sia stato condannato a una pena restrittiva della libertà personale per delitti commessi contro la personalità dello Stato;
— i cittadini dell’Unione europea, la cui normativa di riferimento è costituita dal D.Lgs. 6 febbraio 2007, n. 30, modificato dal D.Lgs. 28 febbraio 2008, n. 32, che prevede le modalità di esercizio del diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri.
Le novità del Pacchetto sicurezza
La condizione giuridica dello straniero ha subito un’importante modifica e, seguito dell’emanazione della L. 15 luglio 2009, n. 94 (cd. nuovo Pacchetto sicurezza) che prevede un inasprimento della lotta contro l’immigrazione irregolare.
In particolare, attraverso l’introduzione del reato di clandestinità, sancito dal nuovo articolo 10bis del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (inserito dall’articolo 1, comma 16 della L. 94/2009), è stabilito che lo straniero che illegalmente entra o si trattiene nel territorio dello Stato, è punito con un’ammenda che varia da 5.000 a 10.000 giuro.
Se in precedenza l’ extracomunitario che arrivava in Italia senza permesso di soggiorno poteva essere trattenuto nei Centri di identificazione ed espulsione (Cie) fino a un massimo di 60 giorni, con tale riforma la permanenza può essere prolungata fino a 180 giorni.
Per contrastare efficacemente l’immigrazione clandestina, il Pacchetto sicurezza non punisce solo chi entra irregolarmente nel territorio italiano ma anche chi favorisce tale illecito.
In particolare, l’ articolo l comma 26 punisce con la reclusione da 1 a 5 anni e con la multa di 15.000 euro per ogni persona chiunque promuova, diriga, organizzi, finanzi o effettui il trasporto di stranieri nel territorio dello Stato ovvero compie altri atti diretti a procurarne illegalmente l’ingresso nel territorio dello Stato, ovvero di altro Stato del quale la persona non è cittadina o non ha titolo di residenza permanente.
La pena detentiva è aumentata da un terzo alla metà se il fatto è commesso al fine di reclutare persone da destinare alla prostituzione, allo sfruttamento sessuale o lavorativo ovvero riguardano l’ingresso di minori da impiegare in attività illecite al fine di favorirne lo sfruttamento o sono commessi al fine di trarne profitto, anche indiretto.
Per quanto riguarda altri aspetti rilevanti del Pacchetto sicurezza si sottolinea: — il pagamento di un contributo compreso fra 80 e 200 euro per chi richiede il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno;
— la presentazione contestuale alla presentazione della domanda di rilascio del permesso di soggiorno, di un Accordo di integrazione, articolato per crediti, con l’impegno a sottoscrivere specifici obiettivi di integrazione, da conseguire nel periodo di validità del permesso di soggiorno.
La stipulazione dell’Accordo di integrazione rappresenta condizione necessaria per il rilascio del permesso di soggiorno e la perdita integrale dei crediti determina l’ espulsione dal territorio dello Stato;
— il superamento di un test di conoscenza della lingua italiana per il rilascio del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo.
LA LIBERTÀ DI RIUNIONE
La libertà di riunione, garantita ai cittadini dall’ articolo 17 della Costituzione, consiste nella facoltà di darsi convegno, temporaneamente e volontariamente, in un luogo determinato ed in seguito a preventivo accordo, indipendentemente dalle ragioni per cui ci si riunisce (politiche, ricreative, religiose). Le riunioni possono assumere la forma di assembramenti (riunioni occasionali causate da una circostanza improvvisa ed imprevista), di dimostrazioni (riunioni che danno luogo a manifestazioni per scopi civili o politici) o di cortei (riunioni in movimento). Le riunioni, inoltre, a seconda del luogo in cui si svolgono, si distinguono in private (sono quelle che si svolgono in luoghi privati), aperte al pubblico (sono quelle che si svolgono in luoghi privati, ma nei quali l’ accesso può essere consentito in base a determinate condizioni, come ad esempio l’ acquisto del biglietto per l’ingresso in un cinema) epubbliche (sono quelle che si svolgono in luoghi pubblici ai quali tutti possono liberamente accedere).
LA LIBERTÀ DI ASSOCIAZIONE
La libertà di associazione si specifica nella libertà di costituire una associazione, nella libertà di aderire o non aderire ad essa, nella libertà di uscire da un’ associazione.
L’ associazione si differenzia dalla riunione in quanto è caratterizzata: — da una stabile e duratura organizzazione; — dalla esistenza di un vincolo permanente tra gli associati; — dalla esistenza di uno scopo comune da perseguire (che può essere politico, religioso, culturale, ricreativo). La libertà di associazione è, come la libertà di riunione, una libertà strumentale. La Costituzione, infatti, garantisce la libertà di associazione poiché considera quest’ultima come una libertà indispensabile per favorire lo sviluppo della persona e la sua partecipazione alla vita economica, politica e sociale del Paese.
A norma dell’ articolo 18, sono vietate le associazioni che la legge penale indica espressamente (ad esempio, le associazioni a delinquere); le associazioni segrete; le associazioni a carattere militare che perseguono, anche se indirettamente, scopi politici, in quanto, in un regime democratico, i fini politici vanno perseguiti attraverso il pacifico e civile dibattito, senza ricorrere alle armi, alla violenza e a gerarchie di tipo militare.
LA LIBERTÀ RELIGIOSA
L’Italia è uno Stato laico e riconosce la libertà religiosa di tutti, senza alcuna discriminazione. Ciò spiega perché, oltre all’ eguaglianza in materia (articolo 8 della Costituzione) è garantita anche la libertà di fede religiosa (articolo 19 della Costituzione), che consiste nel diritto di tutti i cittadini di «professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume».
In concreto tale libertà consiste nella possibilità di scegliere il proprio credo religioso, divulgandolo con opere di proselitismo ed esercitandone il culto; nella libertà di non essere costretti a professare una particolare fede religiosa; nella libertà di non avere un proprio credo religioso (parliamo, in tal caso, di libertà di ateismo).
Unico limite in materia è costituito dal fatto che gli atti di culto non devono essere contrari al buon costume, cioè non devono concretarsi in manifestazioni contrarie alla morale corrente.
Quanto ai rapporti fra lo Stato italiano e le confessioni religiose, per le confessioni acattoliche la disciplina è dettata dalla legge ordinaria sulla base di intese con le relative rappresentanze; per quanto riguarda invece i rapporti con la Chiesa cattolica l’articolo 7 della Costituzione fa riferimento ai Patti Lateranensi del 1929 (poi modificati nel 1984), le cui modifiche devono essere accettate dalle due parti. li diverso rilievo è giustificato dallo storico radicamento del cattolicesimo in Italia, oltre che dalla presenza dello Stato Vaticano nella città di Roma.
LA LIBERTÀ DI MANIFESTAZIONE DEL PENSIERO
La libertà di manifestazione del pensiero è prevista nell’articolo 21 della Costituzione che garantisce ad ogni soggetto la facoltà di esternare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto ed ogni altro mezzo di diffusione.
Uno dei più importanti ed incisivi mezzi di manifestazione del pensiero è la stampa. L’articolo 21 della Costituzione sancisce in materia i seguenti principi: — esclusione di ogni forma di autorizzazione preventiva.
Infatti chi intende pubblicare un libro o uno stampato non deve chiedere alcun consenso preventivo per poterlo diffondere;
— esclusione di vani forma di censura;
— disciplina legislativa delle ipotesi di sequestro dello stampato;
— possibilità di stabilire con legge dei controlli sui mezzi di finanziamento della stampa periodica;
— facoltà del legislatore di adottare controlli preventivi e mezzi repressivi contro la stampa che offenda il buon costume.
LA TUTELA DELLA FAMIGLIA
La Carta costituzionale garantisce ampiamente le formazioni sociali nel cui ambito la personalità individuale può trovare piena esplicazione.
Tali formazioni sociali costituiscono un importante raccordo tra lo Stato ed il singolo cittadino e rappresentano una presenza imprescindibile per un ordinamento autenticamente democratico.
La principale formazione sociale intermedia è senza dubbio la famiglia.
I diritti della famiglia, come quelli dell’individuo, sono intangibili e di essi la Costituzione tratta negli articoli 2931, al fine di assicurare il riconoscimento della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio e quello dei diritti della famiglia come tale, a prescindere dai diritti (e doveri) dei suoi membri.
I principi generali in materia di famiglia sono: l’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi: la tutela e la garanzia dell’unità familiare; il diritto dovere dei genitori di mantenere, istruire ed educare i figli anche se nati fuori dal matrimonio; la formazione, 1′ istruzione ed il mantenimento dei figli in assenza dei genitori, perché ignoti o incapaci o defunti.
Con la legge 151 del 1975, il legislatore, tenendo conto del principio della uguaglianza giuridica dei coniugi affermato dalla Costituzione, ha radicalmente modificato la disciplina dei rapporti familiari prevista dal codice civile.
È caduta, nell’ambito della famiglia, ogni discriminazione tra marito e moglie, per garantire la completa uguaglianza giuridica e morale dei coniugi, pur coni limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare, con riferimento sia ai rapporti morali e patrimoniali fra i coniugi stessi, sia ai rapporti tra genitori e figli.
LA CULTURA E LA SCUOLA
Per l’articolo 9 della Costituzione, «la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica.
Tutela del paesaggio e il patrimonio storico ed artistico della Nazione».
La Costituzione quindi prevede per lo Stato (perciò definito «Stato di cultura») l’impegno di intervenire per promuovere lo sviluppo della cultura e della ricerca scientifica e, attraverso