Dipendenti Pubblici – E’ peculato l’utilizzo di auto pubblica per fini privati

Qualora un dirigente scolastico, nella qualità appunto di dipendente pubblico, si appropria della autovettura di servizio per ragioni estranee al suo ufficio commette il c.d. reato di peculato.

Che cosa è il reato di peculato?

Il reato il peculato è un delitto che si configura quando  il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, avendo per ragione del suo ufficio o servizio il possesso o comunque la disponibilità di danaro o di altra cosa mobile altrui, se ne appropria”.

La parola peculato deriva dal latino peculatus, termine legato alla parola pecunia(m) ovvero denaro che, a sua volta, deriva da pecus (bestiame, pecora).
Il peculato è un “reato proprio“, per cui può essere commesso, come stabilisce chiaramente l’incipit dell’art. 314 c.p., da un soggetto che rivesta la qualifica di pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio.

Per pubblico ufficiale deve intendersi sia colui che tramite la sua attività concorre a formare quella della P.A., sia colui che è chiamato a svolgere attività aventi carattere accessorio o sussidiario ai fini istituzionali (ovvero colui che partecipa al procedimento amministrativo, con funzioni, propedeutiche o accessorie, aventi effetti “certificativi, valutativi o autoritativi“), poiché, anche in tal caso, attraverso l’attività stessa, si verifica una partecipazione alla formazione della volontà dell’amministrazione pubblica (Cass. Pen. n. 39351/2010).

Il reato si consuma nel momento in cui ha luogo l’appropriazione dell’oggetto materiale altrui (denaro o cosa mobile), da parte dell’agente, la quale si realizza con una condotta incompatibile con il titolo per cui si possiede la res altrui, a prescindere dal verificarsi di un danno alla pubblica amministrazione (c.d. “reato istantaneo”). L’elemento oggettivo del reato non esige più, come in passato, che il denaro o la cosa mobile oggetto del reato debbano appartenere alla P.A. ma solo che si trovino nella disponibilità del soggetto agente.

Nel reato di peculato ex art. 314, 1° comma, c.p., come nell’ipotesi di peculato mediante profitto dell’errore altrui ex art. 316 c.p., il dolo è generico e consiste nella coscienza e nella volontà dell’appropriazione; mentre è specifico nel peculato d’uso, poiché in tale fattispecie, il soggetto agente si appropria del bene allo scopo di farne un uso momentaneo.

Tipi di peculato

Oltre alla fattispecie tipica di peculato di cui all’art. 314, 1° comma, c.p., è possibile distinguere il peculato d’uso, il peculato di vuoto cassa, e il peculato mediante profitto dell’errore altrui.

Il peculato d’uso

Il peculato d’uso è espressamente disciplinato dal secondo comma dell’art. 314 c.p., il quale prevede l’applicazione della “pena della reclusione da sei mesi a tre anni quando il colpevole ha agito al solo scopo di fare uso momentaneo della cosa, e questa, dopo l’uso momentaneo, è stata immediatamente restituita“.
Giova sottolineare che il peculato d’uso non costituisce un’attenuante del reato di cui al primo comma dell’art. 314 c.p., bensì un’autonoma figura delittuosa, la quale, per la sua configurazione, non richiede che il bene fuoriesca dalla sfera di disponibilità del proprietario essendo sufficiente che il soggetto agente si comporti nei confronti del bene stesso, uti dominus, realizzando fini estranei agli interessi del proprietario (Cass. Pen. N. 788/2000).

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