Lo Smart Working Nel Pubblico Impiego
Non è facile immaginare il modo in cui il lavoro dei dipendenti pubblici si concili con il cosiddetto smart working, tuttavia la pubblica amministrazione pare adeguarsi lentamente, soprattutto nel 2019.
Parliamo della riforma Madia, proposta dall’omonima ministra della PA.
Vi è ormai la reale possibilità di poter svolgere la propria attività lavorativa anche da casa e anche per i dipendenti del pubblico impiego o comunque statali.
Si parla addirittura di Smartworking e non più soltanto di telelavoro, una vera e propria evoluzione del concetto attraverso cui poter garantire maggior collaborazione tra chi lavori da remoto e chi sia in ufficio. Le dinamiche dello svolgimento sono del tutto particolari e per meglio comprenderle può essere necessario approcciare dapprima a un ambito più generale, indagando su quali siano le norme che regolamentano il telelavoro tradizionale. Azzerare o quasi le barriere della comunicazione digitale è dunque ora possibile anche per gli “elefanti burocratici” degli Enti pubblici grazie a nuove tecnologie e implementazioni che si affacciano in Italia.
L’obiettivo è uno, rispondere prontamente ai bisogni di tutti grazie alla flessibilità, purché sussista un certo buonsenso tra le parti: il lavoratore dipendente e l’azienda.
Nel dettaglio, la riforma riguardante le collaborazioni lavorative da remoto per i dipendenti pubblici dice: “Conciliare, innovare e competere. Sono questi i tre diversi obiettivi, apparentemente antitetici, dello smart working che si configura come un nuovo approccio all’organizzazione aziendale, in cui le esigenze individuali del lavoratore si contemperano, in maniera complementare, con quelle dell’impresa.”
Gli ambiti e le dimensioni aziendali e del collaboratore che vengono investiti da questo nuovo approccio riguardano la flessibilità nello svolgere il proprio compito lavorativo, l’orario e naturalmente il luogo, il welfare aziendale e le facilitazioni sociali (ad esempio riguardanti il venire in contro alle necessità di genitori o assistenti ai familiari).
Accedere a questa nuova riforma lavorativa prevede che gli accordi vengano presi prima del momento dell’assunzione o successivamente senza discriminazioni di sorta. La norma che regolamenta lo smartworking nel pubblico è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 17 luglio 2017 in cui venivano ripercorse tutte le linee guida già vagliate nella Direttiva del 1 giugno 2017 discussa dal Presidente del Consiglio.
In cosa consiste la riforma Madia più da vicino?
In partenza la riforma era pensata per favorire l’integrazione di giovani lavoratori in contesti in cui fosse possibile accedere con un contratto part-time, naturalmente in relazione alla necessità di impiego di risorse giovani (e soprattutto donne) che dovessero districarsi tra le vicende familiari (asili nido baby sitter ecc.) e quelle lavorative.
Tutte le maggiori informazioni al riguardo sono comunque ampiamente discusse sul portale dell INPS e su quello dell’INAIL nelle sezioni riferite alle nuove modalità di telelavoro per i pubblici dipendenti. Di ampio interesse, pertanto anticipabile, è senz’altro l’obiettivo che la norma si prefissa: collocare almeno il 10% dei lavoratori dipendenti in attività di lavoro a distanza, o quantomeno assicurarlo a chi dovesse richiederlo con cognizione di causa.
La riforma mira a raggiungere uno standard qualitativo della vita del lavoratore molto più affine a quella europea, distanziandosi -finalmente- dalle politiche capitalistiche che fino ad ora abbiano contraddistinto il panorama lavorativo italiano, specialmente nel pubblico.