Quante volte si sente parlare del termine “Interesse Legittimo.
Ma cosa vuol dire?
L’interesse legittimo è una posizione soggettiva di vantaggio, di costruzione dottrinale e giurisprudenziale.
Essa è riconosciuta ad un soggetto del diritto (privato o anche pubblico) a condizione che non confligga con la realizzazione, da parte della P.A., dell’interesse pubblico che viene di volta in volta in questione; la tutela accordatale è quindi meno piena di quella riconosciuta al diritto soggettivo.
In tal senso si dice che il cittadino coinvolto in un procedimento amministrativo (ad esempio: il rilascio di un’autorizzazione, di una concessione, o di espropriazione, o di selezione concorsuale e così via) si vede sempre riconosciuto e tutelato dall’ordinamento l’interesse (non semplice, ma legittimo) a che lo svolgimento dello stesso rispetti in pieno la disciplina in proposito dettata.
La tutela, si noti, è accordata non solo in sede giudiziale, ossia in vista di un annullamento di atti illegittimi odi risarcimento della posizione lesa.
É infatti riconosciuta, a differenza di quanto avviene per il diritto soggettivo, anche in un momento antecedente, ossia in fase di svolgimento del procedimento stesso, al fine di orientare ed indirizzare l’azione amministrativa anche nel senso della giusta considerazione dell’interesse privato coinvolto (da valorizzare, da sacrificare etc.); in mancanza, il provvedimento finale è esposto al rischio di impugnazione.
Nel senso descritto, è evidente come l’interesse legittimo sia intimamente connesso alla tematica della partecipazione (e dell’accesso) al procedimento amministrativo.
La Suprema Corte, ribaltando completamente il precedente orientamento, ha riconosciuto la risarcibilità dei danni da lesione di interessi legittimi.
Il principio è stato positivizzato dall’art. 7 della L. 21 luglio 2000, n. 205 (di riforma del processo amministrativo), che ha previsto la giurisdizione del giudice amministrativo in relazione a tutte le controversie risarcitorie nell’ambito della sua giurisdizione sia esclusiva che di legittimità.
La tutela procedimentale degli interessi collettivi
La tutela di interessi collettivi non deve essere valutata solo riguardo all’esperibilità del ricorso amministrativo o giurisdizionale, ma anche in un momento precedente, e cioè durante il procedimento di formazione dell’atto amministrativo attraverso la concreta partecipazione procedimentale dei portatori di dette forme di interessi.
Infatti, nell’ordinamento italiano, ancor prima della consacrazione, ad opera della L. 241/1990, della regola del giusto procedimento quale principio generale dell’azione amministrativa, erano presenti molte ipotesi in cui la norma attribuiva il potere di presentare «osservazioni, deduzioni, proposte» a soggetti estranei alla P.A. procedente.
Il principio del contraddittorio procedimentale e, segnatamente, della legittimazione partecipativa dei portatori di interessi collettivi, è stato sancito in via generale dalla L. 861990, n. 142, che, all’art. 6 (recepito dall’art. 8 del D.Lgs. 267/2000), aveva espressamente disposto che negli Statuti delle Province e dei Comuni dovessero essere previste procedure per l’ ammissione di istanze, petizioni e proposte di cittadini singoli o associati dirette a promuovere interventi per la migliore tutela di interessi collettivi, e dalla L. 781990, n. 241, che all’art. 9 ha previsto la facoltà dei «portatori di interessi pubblici o privati, nonché portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati» di intervenire nei procedimenti amministrativi relativi ad atti da cui possa loro derivare un pregiudizio.
LE AZIONI COLLETTIVE: DAL CODICE DEL CONSUMO AL D.LGS. 198/2009
La L. 244/2007 (legge finanziaria 2008), attraverso l’inserimento dell’art. 140 bis nel D.Lgs. 205/2006, come successivamente sostituito dall’art. 49 L. 99/2009, ha introdotto nel nostro ordinamento l’azione di classe (cd. class action). Questa è un’azione collettiva condotta da uno o più soggetti che richiedono il risarcimento del danno non solo a loro nome, ma per tutta la «classe», ossia per tutti coloro che hanno subito il medesimo illecito.
L’attuale disciplina, in vigore dal 1° gennaio 2010 (ex D.L. 78/2009, cono. in L.102/200)), dispone che attraverso la class action sono tutelabili:
- a) i diritti contrattuali di una pluralità di consumatori e utenti che versano nei confronti di una stessa impresa in situazione identica, inclusi i diritti relativi a contratti stipulati ai sensi degli articoli 1341 e 1342 del codice civile;
- b) i diritti identici spettanti ai consumatori finali di un determinato prodotto nei confronti del relativo produttore, anche a prescindere da un diretto rapporto contrattuale;
- c) i diritti identici al ristoro del pregiudizio derivante agli stessi consumatori e utenti da pratiche commerciali scorrette o da comportamenti anticoncorrenziali.
Nelle ipotesi sopra delineate, ciascun componente della classe, anche mediante associazioni cui dà mandato o comitati cui partecipa, può agire per l’accertamento della responsabilità e per la condanna al risarcimento del danno e alle restituzioni.
Un regime speciale, relativamente all’azione collettiva dei consumatori nei confronti delle pubbliche amministrazioni, sarà dettato dal decreto legislativo di attuazione della cd. riforma Brunetta (art. 4 L. 15/2009).
In materia occorre, infine, ricordare quanto previsto dal D.Lgs. 20122009, n. 198, recante «Attuazione dell’articolo 4 della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ricorso per l’efficienza delle amministrazioni e dei concessionari di servizi pubblici».
L’art. 1 di tale decreto prevede che, al fine di ripristinare il corretto svolgimento della funzione o la corretta erogazione di un servizio, i titolari di interessi giuridicamente rilevanti ed omogenei per una pluralità di utenti e consumatori possono agire in giudizio, con le modalità stabilite nel presente decreto, nei confronti delle amministrazioni pubbliche e dei concessionari di servizi pubblici, se derivi una lesione diretta, concreta ed attuale dei propri interessi, dalla violazione di termini o dalla mancata emanazione di atti amministrativi generali obbligatori e non aventi contenuto normativo da emanarsi obbligatoriamente entro e non oltre un termine fissato da una legge o da un regolamento, dalla violazione degli obblighi contenuti nelle carte di servizi ovvero dalla violazione di standard qualitativi ed economici stabiliti, per i concessionari di servizi pubblici, dalle autorità preposte alla regolazione ed al controllo del settore nonché, per le pubbliche amministrazioni, definiti dalle stesse in conformità alle disposizioni in materia di performance contenute nel D.Lgs. 150/2009 di attuazione della cd. Riforma Brunetta.
Questo ricorso, devoluto alla giurisdizione esclusiva del G.A., non consente di ottenere il risarcimento del danno cagionato dagli atti e dai comportamenti appena descritti, restando fermi, a tal fine, i rimedi ordinari.
Quanto all’operatività della nuova azione, il legislatore, con una decisione alquanto opinabile, l’ha sospesa «a tempo indeterminato», essendo testualmente stabilito che «la concreta applicazione del presente decreto … è determinata anche progressivamente, con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri» (art. 7, D.Lgs. 198/2009), subordinati alla necessità di una previa definizione degli obblighi nelle carte di servizi ovvero degli standard qualitativi ed economici.
Tale scelta, come evidente, sospende l’efficacia di tale azione e la rinvia ad un momento incerto e futuro legato all’ adozione di nuovi provvedimenti.