Lesioni per infortunio da caduta su campo da sci
Il nostro utente da anni sciatore, quindi esperto, era in vacanza in nota località turistica invernale.
Acquista uno ski-pass che gli consente di accedere agli impianti e di usufruire delle piste di discesa.
Tuttavia mentre sciava incappa in un avvallamento che gli procura il distacco di uno degli sci e la conseguente caduta che si arresta nell’impatto con un palo di legno, privo di protezione e non segnalato, posto ad un paio di metri oltre il margine sinistro della pista battuta, riportando in seguito all’urto lesioni alla colonna vertebrale.
Attualmente il nostro utente si trova in ospedale e il suo partner ci ha contattato, prima di recarsi da un legale di fiducia, per chiederci se vi sono gli estremi per richiedere un risarcimento danni.
Subito iniziamo col dire che il gestore di impianti sportivi invernali hanno una responsabilità contrattuale che trova la sua fonte in un contratto atipico, appunto il contratto di sciovia.
Il contratto di sciovia è quel contratto concluso con l’acquisto dello ski-pass,in forza del quale la società che gestisce gli impianti di risalita e discesa, si obbliga dietro un certo corrispettivo, a far godere dei servizi di risalita e delle piste predisposte per la pratica dello sci.
Dato l’oggetto del contratto, dunque, in capo al soggetto che gestisce gli impianti si incardina anche un obbligo di attrezzare e mantenere gli impianti di risalita e le piste di discesa in modo tale da consentire agli utenti di poterne fruire in modo sicuro.
Quest’ultimo principio, per la verità, si è affacciato solo nella giurisprudenza di merito più recente e nella dottrina più avveduta (BOMA), in quanto la giurisprudenza tradizionale (cfr. per tutte Cass. 15-2-2001, n. 2216), riteneva che pur essendo il contratto stipulato tra lo sciatore ed il gestore di un impianto di risalita(qualificato come contratto di trasporto atipico) funzionalizzato all’attività sciistica su piste sicure, dallo stesso non discendesse alcun obbligo di mantenere le piste in buono stato.
Il merito dell’orientamento più recente sta proprio nell’aver individuato, in capo al soggetto che acquista uno ski-pass, il diritto a nutrire delle aspettative circa la rispondenza delle piste a determinati standards di sicurezza e protezione.
E’ noto, infatti,che il gestore degli impianti, nella stragrande maggioranza dei casi,non si impegna nei confronti dello sciatore a procurargli solo un mezzo per il suo trasferimento da valle a monte, ma pone a sua disposizione un insieme di servizi connesso all’uso dell’impianto(sia esso skilift o sciovia) che vanno ad integrare la causa in concreto del contratto stipulato, che instaura uno stretto collegamento fra gli impianti e le piste, in quanto in tanto si paga il biglietto per salire sulla pista in quanto poi si abbia la possibilità di scendere con gli sci già ai piedi.
In una diversa prospettiva si è, invece, sostenuto che in caso di utilizzo di seggiovia, funivia oppure ovovia, in quanto il trasporto in salita o in discesa può anche essere fine a se stesso, tale stretto collegamento non può dirsi in re ipsa.
Come ha notato la dottrina (SONA), infatti, le società gestrici degli impianti traggono la loro utilità proprio dalla predisposizione e dal mantenimento in buono stato delle piste, che altrimenti non attirerebbero sciatori interessati all’uso degli impianti di risalita.
È ovvio che non può pretendersi che una pista da sci sia totalmente priva di quelle insidie (cunette, avvallamenti o pendenze)
che anzi rappresentano proprio una delle attrattive per chi pratica lo sport in questione.
Ma lo standard di diligenza che il gestore, in base al negozio stipulato, è tenuto ad osservare si sostanzia nell’adozione di quelle precauzioni concretamente esigibili in base ai principi generali delineati dagli art. 1175 c.c. (buona fede dalla quale nascono obblighi di protezione) e 1176 c.c. (obblighi di diligenza) ed in relazione alla qualità del soggetto gestore che, nell’ambito della sua attività imprenditoriale, si rivolge ad un largo pubblico garantendo la qualità dei servizi offerti, assumendo l’impegno di organizzarli in modo da prevenire e controllare i possibili e prevedibili fattori di rischio, in rapporto agli accorgimenti che la moderna tecnologia mette a disposizione ed, ovviamente, sempre tenendo conto del comportamento dello sciatore e dei rischi che quest’ultimo si assume in quanto connaturati rispetto all’attività sportiva esercitata e dunque dallo stesso accettati e voluti.
Se, ad esempio,passare con gli sci su un ciuffo d’erba che provo-ca uno sbalzo (con conseguente caduta) in condizioni di visibile scarsa neve costituisce un rischio che lo sciatore deve mettere nel conto assumendoselo nel momento in cui accetta di utilizzare la pista, non altrettanto può dirsi nel caso in cui ci si trovi improvvisamente su un tratto completamente privo di neve e non segnalato dal gestore, essendo questo un rischio difficilmente riconoscibile.
Gli standards di diligenza non mutano se si agisce nei con-fronti del gestore a titolo di responsabilità extracontrattuale per ottenere il risarcimento del danno subito in seguito all’infortunio patito sulle piste da sci. In alcune decisioni (cfr. Trib. Torino, 8-7-1999), ad esempio, si è fatta applicazione della norma di cui all’art. 2049 c.c., ritenendo che il gestore è tenuto a rispondere dei danni cagionati dalla condotta negligente posta in essere da propri dipendenti, sul presupposto di non aver adeguatamente vigilato sul comportamento di questi ultimi e, dunque, enucleando una culpa in vigilando sull’operato dei dipendenti in relazione allo svolgimento dei lavori di manutenzione delle piste. In altre decisioni di merito (es. Trib.Pinerolo, 2-4-1999) si è fatta applicazione dello schema di responsabilità disciplinato
dall’art. 2051 c.c., in relazione soprattutto a quegli incidenti cagionati dall’urto dello sciatore contro manufatti fissi o contro ostacoli naturali (es. alberi) situati in prossimità delle piste, per aver omesso di predisporre adeguate protezioni intorno alla fonte di pericolo.
Tali decisioni individuano un rapporto di custodia delle piste in capo al gestore degli impianti di risalita a prescindere dall’esercizio su di esse di un potere giuridicamente qualificato in termini di diritto reale od obbligatorio, potendo il relativo rapporto consistere in una situazione dì mero fatto purché caratterizzato da una disponibilità non occasionale della cosa.
Nonostante qualche pronuncia di senso contrario (Cass. 15-2-2001, n. 2216),infine, in altre decisioni (cfr. Cass. 26-4-2004, n. 7916) è stato considerato applicabile l’art. 2050 c.c., configurando l’attività digestione degli impianti di risalita e delle piste da sci come attività pericolosa.
Una qualificazione che trova sicuro appoggio anche nella legislazione nazionale, la quale, dopo alcuni interventi di settore destinati alla prevenzione dei sinistri nell’ambito della fase di risalita (cfr. D.M. 15-3-1982), è intervenuta dettando norme in materia di sicurezza nella pratica degli sport invernali da discesa e da fondo(L. 24-12-2003, n. 363, in vigore dal 20-1-2004), introducendo una serie di obblighi (ad es. l’obbligo per i minori di 14 anni di indossare un casco protettivo durante l’utilizzo degli sci e dello snowboard; l’obbligo dello sciatore di moderare la velocità nei tratti a visuale non libera, in prossimità di fabbricati od ostacoli, negli incroci, nelle biforcazioni, in caso di nebbia, di foschia, di scarsa visibilità o di affollamento, nelle strettoie e in presenza di principianti; una regolamentazione della precedenza e del sorpasso sulle piste da sci; l’obbligo di prestare l’assistenza allo sciatore in difficoltà e di comunicare al gestore l’eventuale incidente) e dettando i principi fondamentali per la gestione insicurezza delle aree sciabili (imponendo ai gestori di assicurare agli utenti la pratica delle attività sportive e ricreative in condizioni di sicurezza, provvedendo alla messa in sicurezza delle piste secondo quanto stabilito dalle regioni; di proteggere gli utenti da ostacoli presenti lungo le piste mediante l’utilizzo di adeguate protezioni degli stessi e segnalazioni della situazione
pericolo; di assicurare il soccorso e il trasporto degli infortunati lungo le piste in luoghi accessibili dai più vicini centri di assistenza sanitaria o di pronto soccorso; di provvedere all’ordinaria e straordinaria manutenzione delle aree stesse, secondo quanto stabilito dalle regioni, curando che possiedano i necessari requisiti di sicurezza e che siano munite della prescritta segnaletica), che trovano il loro presupposto nella intrinseca pericolosità del-l’attività espletata.
Da un punto di vista operativo non vi sono sostanziali differenze rispetto alla responsabilità contrattuale, in quanto il gestore degli impianti dovrà in ogni caso provare, per andare esente da responsabilità, di aver adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno.
Non si dubita,comunque, della possibilità di agire ai sensi dell’art. 2043 c.c.,in base al principio generale del neminem laedere , ma la norma ha una portata residuale a fronte della possibilità di agire in via contrattuale oppure (o alternativamente) in base alle norme di cui agli artt. 2049-2051 c.c. richiamati in precedenza.
In pratica
Sulla responsabilità contrattuale del gestore degli impianti di risalita:
• Il contratto di ski-pass costituisce un contratto atipico in forza del quale, dietro corresponsione di un certo corrispettivo commisurato alla durata del contratto stesso, la società gestrice offre la possibilità di godere dei servizi di risalita nonché di utilizzare le piste predisposte per la pratica dello sci.
Pertanto,costituendo questo l’oggetto del contratto, la società che fornisce questi servizi deve necessariamente non solo limitarsi a mettere a disposizione gli impianti di risalita e le piste di discesa, ma anche attrezza-re e manutenere gli stessi in modo tale da consentire agli utenti di poterne fruire e di poterlo fare in modo sicuro (Trib.Pinerolo 18-10-200, n. 587).
In una più limitata prospettiva che, pur partendo dalla configurazione dell’esistenza di un rapporto contrattuale, esclude la responsabilità per omessa manutenzione delle piste ed anche quella extracontrattuale ai sensi degli artt. 2050 e 2051, ritenendo applicabile il solo art. 2043 c.c. con i connessi oneri probatori ben più pregnanti:
• Il contratto tra uno sciatore e il gestore di un impianto di risalita è di trasporto atipico essendo questo non fine a se stesso, ma funzionalizzato all’attività sciistica su piste sicure, che però il gestore non ha l’obbligo di mantenere in buono stato.
Pertanto, se a causa di difettosa manutenzione delle stesse uno sciatore si infortuna, non può agire nei confronti del gestore per responsabilità contrattuale.
Non può inoltre neppure agire nei confronti del medesimo a titolo di responsabilità extracontrattuale ai sensi degli artt. 2050 o 2051 c.c., dovendosi escludere sia la natura intrinseca-mente pericolosa dell’attività di esercizio di impianto di risalita — non qualificata tale da norme destinate a prevenire sinistri e a tutelare l’incolumità pubblica, nè tale risultando per la natura delle cose o dei mezzi adoperati — sia la qualità di custode delle piste da parte del gestore dell’impianto (Cass. civ, sez. III, 15-2-2001, n. 2216).
Sull’inconfigurabilità di un contratto atipico di trasporto, v. però:
• Il contratto di trasporto di persone presuppone che il trasportato non colla-bori in alcun modo allo spostamento: ne consegue che non può essere qualificato come contratto tipico di trasporto il contratto di utenza di scio-via, e ad esso pertanto non è applicabile l’art. 1681 c.c. (Cass. civ., sez. III, 10-5-2000, n. 5953). Sulla responsabilità ex art. 2050 c.c. la giurisprudenza di legittimità ha affermato:
• La pericolosità di un’attività va apprezzata, per gli effetti di cui all’articolo 2050 del c.c., esclusivamente in relazione alla probabilità delle conseguenze dannose che possano derivarne e non anche in riferimento alla diffusione delle modalità con le quali viene comunemente esercitata, che ben potrebbero essere tutte e sempre inadeguate, senza per questo elidere i presupposti per l’applicazione della norma (Cass. 26-4-2004, n. 7916).

Punto sulla questione
In relazione alle piste di discesa, il fornitore del servizio — sia che debba adempiere ai suoi obblighi contrattualmente assunti sia che debba adoperarsi per limitare i rischi connessi ad un’attività intrinsecamente pericolosa ai sensi dell’art. 2050 c.c. — non può limitarsi a delimitare le piste ed a batterle, ma deve fare in modo e controllare che le stesse si trovino in condizioni tali da essere adeguatamente fruibili e da non esporre gli utenti a pericoli maggiori rispetto a quelli normalmente connessi alle ineliminabili difficoltà presentate dalla pista (es. pendenza, tipo di neve, ampiezza del tragitto, tracciato irregolare, ecc.), alle quali lo sciatore accetta volontariamente di esporsi, ritenendo di essere ad un livello di esperienza tale da poterle senza pericolo affrontare.
Parere motivato
Il nostro utente può sicuramente agire per il risarcimento dei danni subiti nei confronti della società che gestiva gli impianti di risalita verso la pista sulla quale si è verificato il suo infortunio.
Egli, infatti, in qualità di sciatore esperto che affronta una pista di media difficoltà, ben poteva dare sfogo alla sua abilità, avendo accettato solo i rischi connessi alle difficoltà intrinsecamente presentate dalla pista (quali la pendenza, il tipo di neve, il tracciato irregolare, gli avvallamenti), ma non anche quelli prodotti da situazioni pericolose non direttamente legate alle caratteristiche della pista.
Nel caso di specie appare in tutta evidenza la negligente con-dotta tenuta dalla società di gestione della pista, consistita nel-ere piazzato un palo di legno, privo di protezione e non segnalato, ad un paio di metri oltre il margine sinistro della pista battuta, senza calcolare con diligenza le conseguenze possibili ed evitabili della propria condotta, essendo prevedibile che alcuni degli sciatori, che fossero caduti nel discendere lungo la pista (visto il suo livello di difficoltà e la frequentazione da parte di sciatori esperti che raggiungono anche discrete velocità), avrebbero potuto terminare fuori della pista stessa e, quindi, anche andare a scontrarsi contro uno di tali pali, infortunandosi.
Del resto, date le conoscenze tecniche in materia da parte del gestore professionale, sarebbe stato possibile evitare o ridurre le conseguenze dannose procedendo ad adeguata segnalazione del palo ed alla sua protezione con materiali idonei ad assorbire e dissipare la forza d’urto.
Né nella condotta del nostro cliente è possibile individuare profili di responsabilità che si pongano come fattori esclusivi determinanti l’evento pregiudizievole (ed innanzi ai quali potrebbe arrestarsi l’obbligo di diligenza del gestore), non avendo tenuto lo stesso una condotta imprudente (es. evoluzioni pericolose vicino ai margini non battuti della pista; esecuzione di cd. «fuori pista»; ecc.) che possa in qualche modo essere considerata idonea ad interrompere il nesso di causalità tra la condotta negligente del gestore e l’evento dannoso.