CONGEDO PER LE DONNE DIPENDENTI DEL PUBBLICO IMPIEGO CHE HANNO SUBITO VIOLENZA

Dipendenti Pubblici inseriti nel percorso di protezione per violenza

Le lavoratrici, dipendenti pubblici, che hanno subito violenza, debitamente certificata ai sensi dell’art. 24 del D.Lgs. n. 80/20015 hanno diritto ad astenersi dal lavoro per motivi connessi a ai percorsi che stanno facendo.

Il decreto in questione ha come obiettivo il recepimento di misure volte a tutelare la maternità delle lavoratrici e a favorire le opportunità di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro per la generalità dei lavoratori.

In particolare le lavoratrici vittime di violenza, possono assentarsi dal lavoro per un massimo di 90 giorni, da fruire nell’arco temporale di 3 anni, decorrenti dalla data di inizio del percorso di protezione.

La lavoratrice può scegliere se fruire del congedo su base oraria o giornaliera.

E’ possibile che la dipendente pubblica possa chiedere la trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale?

Si, è prevista questa opportunità su richiesta dell’interessata e sussiste il diritto di quest’ultima del ripristino al tempo pieno del proprio orario di lavoro.

La dipendente vittima di violenza di genere, inserita in specifici percorsi di protezione, può anche presentare domanda di trasferimento ad altra amministrazione pubblica ubicata in un Comune diverso da quello di residenza, previa comunicazione all’amministrazione di appartenenza.

Entro 15 giorni dalla comunicazione, l’amministrazione di appartenenza dispone il trasferimento presso l’amministrazione indicata dalla dipendente, ove vi siano posti vacanti corrispondente alla sua area o categoria.

E’ proprio questo il solito problema: trovare la coincidenza del posto vacante corrispondente alla sua area o categoria – pertanto pur la norma prevedendo questa possibilità di fatto difficilmente si materializza la coincidenza in organico.

Le lavoratrici titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa inserite nei percorsi di protezione relativi alla violenza di genere, debitamente certificati dai servizi sociali del Comune di residenza o dai Centri anti violenza o dalle Case rifugio di cui all’articolo 5-bis, del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119, hanno diritto alla sospensione del rapporto contrattuale per motivi connessi allo svolgimento del percorso di protezione, per il periodo corrispondente all’astensione, la cui durata non può essere superiore a tre mesi.

Durante il periodo di congedo, la lavoratrice ha diritto a percepire un’indennità corrispondente all’ultima retribuzione, con riferimento alle voci fisse e continuative del trattamento, e il periodo medesimo è coperto da contribuzione figurativa.

L’indennità è corrisposta dal datore di lavoro secondo le modalità previste per la corresponsione dei trattamenti economici di maternità.

I datori di lavoro privati, nella denuncia contributiva, detraggono l’importo dell’indennità dall’ammontare dei contributi previdenziali dovuti all’ente previdenziale competente.

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Per i dipendenti dei predetti datori di lavoro privati, compresi quelli per i quali non è prevista l’assicurazione per le prestazioni di maternità, l’indennità di cui al presente comma è corrisposta con le modalità di cui all’articolo 1 del decreto-legge 30 dicembre 1979, n. 663, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 febbraio 1980, n. 33.

Tale periodo è computato ai fini dell’anzianità di servizio a tutti gli effetti, nonché ai fini della maturazione delle ferie, della tredicesima mensilità e del trattamento di fine rapporto.

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