CHE COSA E’ LA COMUNIONE LEGALE?

Tra Coniugi: Marito e Moglie e Comunione Legale

La comunione legale fra i coniugi comprende gli acquisti compiuti durante il matrimonio, indipendentemente dalla provenienza delle risorse che li abbiano consentiti (comunione immediata) con talune eccezioni riguardo ai beni: a) dei quali prima del matrimonio il coniuge era proprietario o rispetto ai quali era titolare di un diritto reale di godimento;

b) acquisiti successivamente al matrimonio per effetto di donazione o successione, quando nell’atto di liberalità o nel testamento non è specificato che essi sono attribuiti alla comunione;

c) di uso strettamente personale di ciascun coniuge ed i loro accessori;

d) che servono all’esercizio della professione del coniuge, tranne quelli destinati alla conduzione di una azienda facente parte della comunione;

e) ottenuti a titolo di risarcimento del danno nonché la pensione attinente alla perdita parziale o totale della capacità lavorativa;

f) acquisiti con il prezzo del trasferimento dei beni personali sopraelencati o col loro scambio, purché ciò sia espressamente dichiarato all’ atto dell’acquisto.

Per acquisti si intendono gli atti implicanti l’effettivo trasferimento della proprietà del bene o la costituzione di diritti reali sul medesimo, non quindi i diritti di credito sorti dal contratto concluso da uno dei coniugi, i quali, per loro stessa natura, relativa e personale, pur se strumentali rispetto all’acquisizione di un bene, non sono suscettibili di cadere in comunione. Il codice civile prevede e disciplina altresì:

— la comunione de residuo (comunione differita).

Oggetto di comunione è, in tal caso, il residuo, non consumato, dei frutti e dei proventi personali di ciascun coniuge. In essa sono compresi non solo i redditi di cui si riesca a dimostrare la sussistenza al momento dello scioglimento della comunione ma anche quelli, percetti e percipiendi, rispetto ai quali il coniuge titolare non riesca a dimostrare che siano stati consumati o per il soddisfacimento dei bisogni della famiglia o per investimenti già caduti in comunione.

— l’azienda coniugale, in cui la collaborazione dei coniugi si attua con la gestione comune dell’impresa.

Esistono alcune regole inderogabili in tema di amministrazione dei beni:

— in regime di comunione le quote dei coniugi sono eguali.

Questi ultimi sono titolari di un diritto avente per oggetto i beni di essa e rispetto alla quale non è ammessa la partecipazione di estranei;

— prevale il dovere di contribuire ai bisogni della famiglia;

— è necessaria la determinazione consensuale dell’indirizzo della vita familiare ossia del tenore di vita e di spesa.

Ciascun coniuge, pertanto, se da un lato ha un limitato potere di amministrazione autonoma del patrimonio personale, dall’altro ha pieno potere in relazione ai beni che, previo comune accordo, risultano al di fuori dei bisogni e degli interessi della vita familiare.

L’ amministrazione dei beni spetta ad entrambe i coniugi in maniera paritaria. Gli atti di ordinaria amministrazione possono essere compiuti da un solo coniuge, quelli di straordinaria amministrazione devono essere compiuti da entrambi. In caso di disaccordo interviene il giudice.

Il coniuge può compiere da solo gli atti per i quali è necessario il consenso: — quando l’altro coniuge nega il proprio consenso in caso di atto necessario per l’interesse della famiglia o dell’azienda coniugale, previa autorizzazione del giudice;

— in caso di lontananza o di altro impedimento dell’altro coniuge, sempre ché non sussista una procura e con autorizzazione del giudice; — se l’altro coniuge è stato escluso dal giudice dall’amministrazione perché minore di età o impossibilitato ad amministrare o incapace di farlo: il coniuge escluso può comunque chiedere la reintegrazione qualora venissero meno i modi di esclusione;

— se l’altro coniuge viene interdetto e per tutta la durata dell’interdizione.

Il coniuge, oltre ai casi precedenti, può compiere da solo gli atti per i quali è necessario il consenso:

— se l’altro coniuge è stato escluso dal giudice dall’amministrazione perché minore di età o impossibilitato ad amministrare o incapace di farlo: il coniuge escluso può comunque chiedere la reintegrazione qualora venissero meno i motivi di esclusione;

— se l’altro coniuge viene interdetto e per l’intera durata dell’interdizione.

Al di fuori dei casi elencati, gli atti compiuti senza il dovuto consenso sono ullabili solo se riguardano beni immobili o mobili registrati.

L’azione di annullamento va proposta entro un anno dalla trascrizione dell’atto o dalla conoscenza, se precedente. Se l’atto non è stato trascritto e quindi ignorato, il termine un anno decorre dalla data di scioglimento della comunione.

Non è comunque possibile agire se vi è stata convalida dell’atto.

Ricordiamo che all’amministrazione dei beni che non rientrano nella comunione (o nel fondo patrimoniale) si applicano le regole afferenti il regime di separazione dei beni.

Il vincolo di destinazione che condiziona i beni oggetto di comunione, presuppone che questi servano anzitutto al mantenimento della famiglia e all’istruzione ed educazione dei figli.

Tale vincolo introduce una responsabilità patrimoniale in base alla quale i creditori dei coniugi hanno facoltà di rivalersi illimitatamente:

— per le obbligazioni contratte per l’acquisto dei beni in comunione;

— per iì debiti relativi all’amministrazione;

— per le obbligazioni contratte congiuntamente dai coniugi;

— per le obbligazioni contratte per il mantenimento della famiglia.

Nell’ipotesi in cui tali beni non riuscissero a soddisfare i creditori, questi possono rivalersi sui beni personali di ciascun coniuge per la sola metà del credito vantato.

In particolare i beni della comunione rispondono in via sussidiaria rispetto ai beni personali fino al valore corrispondente alla quota del coniuge obbligato:

a) per i debiti individuali di ciascun coniuge sorti a seguito di obbligazioni: — contratte anche prima del matrimonio;

— da cui sono gravate le donazioni e le successioni conseguite dai coniugi durante il matrimonio e non attribuite alla comunione;

b) per le obbligazioni contratte dopo il matrimonio da un coniuge per compiere atti che eccedono l’ordinaria amministrazione, senza il consenso dell’altro coniuge;

c) per i debiti individuali di ciascun coniuge sorti a seguito di obbligazioni contratte anche prima del matrimonio, ovvero obbligazioni da cui sono gravate le donazioni e le successioni conseguite dai coniugi, durante il matrimonio e non attribuite alla comunione.

Il coniuge o i coniugi personalmente obbligati rispondono dei debiti della comunione con il loro intero patrimonio, ma possono avvalersi del beneficio dell’escussione, e quindi pretendere che il creditore escuta i loro beni personali solo dopo aver aggredito inutilmente in tutto o in parte i beni della comunione.

Lo scioglimento della comunione legale dei beni fra coniugi avviene, ex nunc, al passaggio in giudicato della sentenza di separazione ovvero dal momento dell’omologazione degli accordi di separazione consensuale.

Se lo scioglimento della comunione dei beni è causato da separazione personale, una volta rimossa con la riconciliazione tale causa, si ripristina tra le parti il regime di comunione originariamente adottato, ad eccezione di quegli acquisti effettuati durante il periodo della separazione.

Scioltasi la comunione legale (per separazione dei coniugi, divorzio, annullamento del matrimonio, morte di uno dei coniugi, accordo sull’adozione di un regime di tipo convenzionale, fallimento, separazione giudiziale dei beni), questa assume i caratteri propri della comunione ordinaria. Pertanto i coniugi procederanno a:

— rimborsi e restituzioni;

— divisione in parti uguali dell’attivo e del passivo col diritto di prelievo di beni già appartenenti ai coniugi prima della comunione o pervenuti in essa per successione o donazione, ovvero dal loro valore in assenza di dose da prelevare.

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