Tornano i voucher per turismo e agricoltura

 

Tornano i voucher per turismo e agricoltura. Si tratta della forma di pagamento, nata nel 2003 con la Legge Biagi e abolita con decreto del Governo Gentiloni nel 2017, per il lavoro accessorio, sulle cui caratteristiche si soffermano gli esperti di AvvocatoAccanto.

Buoni lavori, il ritorno

Dal 2017 erano stati sostituiti da nuove forme di pagamento, dopo una lunga e tesa battaglia con i sindacati. Il Ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico, Luigi Di Maio, invece, torna a parlare di voucher e ne prevede il ritorno per due settori: agricoltura e turismo. La storia di questo strumento di pagamento, attivo tra il 2003 e il 2017, è davvero tormentata e caratterizzata da continue trasformazioni. Si tratta di uno strumento nato per pagare alcune tipologie di lavoro, quelle occasionali, non riconducibili a particolari contratti. Una strada per regolamentare settori in cui, spesso, venivano a crearsi ampie sacche di lavoro nero e sfruttamento. I voucher, infatti, garantiscono, anche per prestazioni di breve periodo, il pagamento dei contributi Inps e le diverse forme di assicurazione Inail perviste per eventuali incidenti sul lavoro.

Le tappe di uno strumento contestato

Se la saggezza popolare ricorda che “fatta la legge, trovato l’inganno”, una ragione deve esserci. I voucher, infatti, si sono presto trasformati in uno strumento di distorsione del mercato del lavoro, prestando, involontariamente, il fianco a traduzioni errate, ai limiti della legalità. Nel 2012, quando entrano nella piena operatività, vengono estesi a tutti i settori produttivi dall’allora Ministro del Lavoro, Elsa Fornero. Nel 2016, dopo lunghe discussioni e numerose polemiche, con il Jobs Act se ne decreta la tracciabilità e a dicembre si apre alla possibilità di disegnare da capo il confine di utilizzo, ponendo come limite massimo annuale per questa tipologia di pagamenti a 7 mila euro l’anno. Il 2017, invece, si apre con la raccolta firme della Cgil che ne chiede, a gran voce, l’eliminazione. Una raccolta di successo che porta anche a definire una data per le urne: il 28 maggio. In realtà, non ci sarà il tempo di andare al voto perché il Governo Gentiloni, nel marzo del 2017, li abroga con un decreto. Lo strumento vieen sostituito da due nuovi elementi: il Libretto famiglia e il Contratto di prestazione occasionale.

Cosa sapere sui voucher

I lavoratori che prestavano servizi occasionali per alcuni settori potevano essere pagati con questo strumenti, acquistabile anche presso le tabaccherie. I canali di distribuzione, infatti, spaziavano dal portale Inps alle Poste, dalle sedi Inps alle banche. Ogni voucher poteva avere valore di 10 (un’ora di prestazione), 20 o 50 euro. Il valore del voucher era da intendersi netto, perché comprensivo della quota Inail (pari al 7 per cento) e di quella Inps (pari al 13 per cento). Era possibile utilizzare questo strumento di pagamento per i lavoratori in possesso del codice Pin dell’Inps, perché registrati al sito dell’Istituto nazionale di previdenza sociale. Due gli anni per il lavoratore per poter procedere all’incasso della somma concordata. Dove? Dagli uffici postali alla InpsCard, dal tabaccaio autorizzato alla banca.

Gli strumenti che li hanno sostituiti

Come detto, a sostituire i voucher sono stati il libretto di famiglia e il contratto di prestazione occasionale. Il primo, in particolare, è rivolto a quelle professioni che riguardano l’assistenza di persone anziane o bambini: badanti e babysitter, nello specifico. È un libretto nominativo che, per legge, prevede i seguenti limiti economici: il singolo lavoratore non può percepire una somma superiore ai 5 mila euro netti l’anno, non oltre i 2500 euro da un singolo datore di lavoro. Il contratto, invece, è studiato per le aziende con meno di cinque lavoratori subordinati a tempo indeterminato, i professionisti, le organizzazioni non profit e, solo in alcuni casi, la PA. I limiti economici sono gli stessi del Libretto famiglia.

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